Nel luglio 1942 aveva avuto inizio l'offensiva tedesca tendente a conquistare il terreno tra il Don e il Volga ed a distruggere le forze sovietiche che l'occupavano. In agosto l'offensiva si frazionò ed una aliquota delle forze tedesche comprendente la «4a» e la «6a» Armata (30 divisioni, di cui 4 corazzate e 3 motorizzate, con un gran numero di pezzi di artiglieria e circa un migliaio di aerei), investi Stalingrado. La città, che si estendeva per 40 km. lungo la sponda occidentale del Volga, era caratterizzata dalla presenza di tre enormi complessi industriali vanto dei vari piani quinquennali sovietici: le officine «Barricata rossa» per la produzione di cannoni, «Scercinski» per la produzione dei carri armati, e « Ottobre rosso » per la produzione di armi portatili e di munizioni. La città aveva inoltre da difendere la tradizione di imprendibilità che risaliva al periodo della guerra civile del 1918, durante il quale era stata difesa da Stalin stesso contro le forze anticomuniste (ed in suo onore avvenne la sostituzione del vecchio nome di Tsaritsyn con Stalingrado). Hitler, del resto, la considerava la chiave di volta dell'immenso fronte sovietico. Ben si spiega quindi il feroce accanimento con il quale tedeschi e sovietici combatterono tra le macerie della città, sconvolta dagli aspri combattimenti. Nella cartina il fronte nel settore di Stalingrado.
Da sinistra a destra i protagonisti della battaglia di Stalingrado. 1) Il maresciallo von Paulus, comandante della « 6a » armata tedesca a Stalingrado. Il maresciallo von Paulus fu protagonista di uno dei più clamorosi ed inesplicabili eventi del secondo conflitto mondiale. Infatti, dopo aver brillantemente condotto l'azione offensiva della « 63 » armata contro la città intitolata al dittatore rosso, caduto prigioniero, si fece promotore tra le truppe tedesche catturate di un movimento detto « Freies Deutschland » (Germania libera) e, dalla radio di Mosca, svolse attivissima propaganda, illustrando ai connazionali l'impossibilità di vincere la guerra e la necessità di liberarsi di Hitler e del nazismo. Benchè ancor oggi non sia nota la verità, una delle teorie più attendibili sulla defezione del maresciallo tedesco fu quella che spiegava l'improvviso odio di von Paulus al nazismo con la distruzione della « 63 » armata causata dall'ordine di resistenza ad oltranza dato personalmente da Hitler e ritenuto inutile dal maresciallo von Paulus. 2) Il maresciallo von Manstein, conquistatore di Sebastopoli, che comandò le truppe durante il fallito tentativo di sbloccare la « 63» armata accerchiata a Stalingrado. 3) Il maresciallo Voronov che, come rappresentante del Comando supremo sovietico, diresse le operazioni per la riconquista di Stalingrado. 4) Il generale Rokossowski, comandante delle truppe russe sul fronte del Don, che condusse l'offensiva contro la « 63» armata tedesca.
LA BATTAGLIA DI STALINGRADO
Le armate tedesche ed alleate si erano mosse fin dal luglio 1942 dalle loro posizioni di fronte a Charkov e, raggiunta Voronezh avevano compiuto una diversione dilagando verso Sud, nella grande pianura tra il Don ed Volga. Qui, mentre le forze corazzate del generale von Kleist invadevano il Caucaso, la «4a» e la «6a» armata germanica attaccavano in direzione di Stalingrado, scatenando quell'offensiva che non ebbe i risultati sperati e condusse anzi al crollo del fronte tedesco-alleato ed alla tragica ritirata dell'inverno 1942-43. L'Alto Comando germanico aveva previsto come primo obiettivo della «4a» e della «6a» Armata l'annientamento della «62a» Armata russa che presiedeva le numerose e forti difese nella steppa antistante Stalingrado. Il piano tedesco fu frustrato dalla tenace resistenza sovietica che permise alla «62a» Armata di sfuggire alla classica manovra a tenaglia, tante volte attuata con successo, ritirandosi combattendo tra le macerie della grande città del Volga che divenne l'epicentro dei furiosi combattimenti. Prima dell'attacco delle truppe terrestri l'aviazione tedesca rovesciò ininterrottamente su Stalingrado centinaia di migliaia di bombe annullando praticamente il poderoso potenziale bellico industriale della città. Dopo oltre centomila attacchi aerei tutti i grandiosi depositi che avevano rifornito le armate russe del fronte meridionale erano in fiamme. Particolarmente colpite furono le importanti attrezzature portuali sul Volga ed i tre enormi complessi industriali: «Barricata rossa», «Ottobre rosso» e «Scercinski». Ma fu tra questi cumuli di macerie che la Wehrmacht fu arrestata definitivamente nella sua avanzata in territorio russo. Le parole di Stalin «Stalingrado deve essere mantenuta ad ogni costo, finchè a difenderla rimanga un solo uomo » furono l'ordine perentorio alle truppe sovietiche impegnate. Speciali battaglioni di « intercettazione e repressione» furono costituiti per impedire che si verificassero casi di resa o di diserzione. Ed infatti quando le truppe germaniche giunsero a contatto con le difese degli estremi sobborghi occidentali della città incontrarono una resistenza che fin dai primi combattimenti si rivelò fermissima. In mezzo alle macerie degli edifici ed agli scheletri fumanti delle officine, nei crateri delle bombe e dei proiettili, nidi di mitragliatrici, mortai e tiratori scelti sovietici dovettero essere snidati uno ad uno. Il sistema difensivo era poi rafforzato dalle fortificazioni che erano scampate alla distruzione, da lunghe teorie di carri interrati facenti funzione di improvvisati fortini corazzati e da numerosissime «katiusce» piazzate sull'altra sponda del Volga, che operavano contro le truppe germaniche con sempre maggiore intensità. Il feroce accanimento con cui tedeschi e russi si contesero i resti della città va spiegato non solo con la fondamentale importanza strategica del settore, chiave di volta di tutta la parte centro-meridionale del fronte russo dal Caucaso a Mosca, ma anche da motivi di carattere politico e psicologico. Per i russi Stalingrado era uno dei primi centri dell'industria sovietica ma soprattutto portava il nome di Stalin, che l'aveva personalmente difesa ai tempi della controrivoluzione e della guerra civile. Questo significato simbolico aveva colpito non poco anche l'immaginazione di Hitler, che vedeva nella conquista di Stalingrado la sconfitta morale del bolscevismo. Non a caso all'attacco della città furono impegnate oltre alle truppe tedesche, la legione degli «Ustascia», cioè i fascisti croati addestrati in Italia con i reparti della Milizia, e le truppe dell'esercito slovacco, mentre a nord-ovest ed a sud della città le truppe italiane, romene ed ungheresi formavano le ali del gigantesco dispositivo che aveva per cuneo la «6a» armata di von Paulus, principale e sfortunata protagonista di quelle tragiche giornate. Ma l'attacco tedesco a Stalingrado falli e segnò la fine della supremazia della Wehrmacht in Russia, aprendo così la fase discendente della parabola. Il 19 novembre infatti l'impeto tedesco, che aveva dopo lunghi e durissimi combattimenti espugnato tutti i centri di resistenza della città ad eccezione delle officine «Ottobre rosso», si esauriva di fronte alla disperata resistenza sovietica. Lo stesso giorno della cessazione delle operazioni offensive delle truppe germaniche, l'«Armata Rossa» iniziava la sua grande controffensiva invernale. Essa ripeteva all'inverso il disegno operativo che i tedeschi non avevano potuto realizzare: manovra a tenaglia a nord ed a sud della città, tendente ad isolare la «6a» armata di von Paulus. Questa volta il piano riuscì anche perchè il Comando tedesco non volle, per tassativo ordine di Hitler, che un movimento di ripiegamento allontanasse i soldati del Reich dalle macerie della città tanto duramente conquistate. Come già per il comando sovietico, ora per quello germanico si imponeva la resistenza a oltranza, non solo per una ragione di prestigio, ma anche perchè il possesso di Stalingrado era pregiudiziale per le sorti dell'intero fronte orientale. Per salvare la situazione il comando della Wehrmacht concepì una contromanovra : strumento di essa fu l'impiego di 16 divisioni fresche, molte delle quali appena giunte dall'Europa centrale ed occidentale e affidate al comando del maresciallo von Manstein. Ma l'armata liberatrice, quando mosse all'attacco, incontrò la tenace resistenza delle truppe russe che riuscirono a logorare in continui combattimenti, attirandola in una serie di trappole dove venne ripetutamente sconfitta dalle preponderanti forze corazzate sovietiche. Dopo quest'ultimo sforzo, che segnò la fine dell'iniziativa tedesca sul fronte orientale, il 10 gennaio 1943 i russi sferrarono l'offensiva finale per la distruzione delle truppe tedesche accerchiate a Stalingrado. Questo compito venne affidato al generale Rokossowski, comandante delle truppe sul fronte del Don, mentre al Maresciallo d'artiglieria Voronov, rappresentante del Quartier Generale del Comando sovietico, veniva affidata la direzione suprema delle operazioni. Il 24 gennaio balzava all'attacco anche la «62a» armata russa che nel settembre era sfuggita all'accerchiamento tedesco ed aveva strenuamente difeso la città. Il 31 gennaio il gruppo Nord della «6a» Armata col Feldmaresciallo von Paulus capitolava. L'altro gruppo comandato dal generale Strecker cessava la resistenza il 2 febbraio 1943. Dopo sei mesi di lotta asperrima, combattuta da ambo le parti con indomito valore, si concluse quella che rimarrà la più sanguinosa battaglia della storia. Si calcola infatti che essa sia costata alle due parti in lotta ben due milioni di morti!
L'attacco Tedesco
Prima e durante l'attacco tedesco contro Stalingrado, la città venne sottoposta a continue incursioni da parte di massiccie formazioni aeree. L'Alto
Comando Tedesco tendeva a neutralizzare il poderoso potenziale bellico della città ed aprire la strada alle fanterie ed alle truppe corazzate della Wehrmacht che investivano le difese esterne di Stalingrado. Particolarmente usati gli Stukas, già vittoriosi protagonisti della campagna di Polonia e di Francia, e specializzati nelle azioni di accompagnamento delle forze corazzate. Nella foto in alto una formazione di «Stukas» si avvicina all'obiettivo. Nella foto in basso le installazioni portuali del Volga, ripetutamente colpite dalla Luftwaffe, in fiamme dopo una riuscita azione aerea tedesca.
Nella foto in alto una eccezionale documentazione della ricognizione aerea tedesca. Si tratta di riprese fotografiche particolarmente adatte allo studio
topografico delle località in cui si svolge l'azione. E' chiaramente visibile l'agglomeramento cittadino, duramente colpito dal bombardamento germanico. Le case sventrate testimoniano sulla durezza degli attacchi. In basso la visione di un complesso industriale centrato dalle bombe tedesche. Le poderose attrezzature belliche bruciano in un immane rogo. Anche gli impianti ferroviari risultano ripetutamente colpiti dall'aviazione tedesca.
Gli attacchi aerei germanici su Stalingrado si susseguivano con una frequenza ed una intensità impressionanti. Oltre agli «Stuka» ed ai bimotori da bombardamento medio, si avvicendavano sull'abitato aerei da caccia e da assalto che mitragliavano e spezzonavano gli innumerevoli caposaldi sovietici. Nella foto in alto nel cerchio bianco è visibile un gruppo di soldati russi costretti dietro l'angolo di un edificio dal tiro delle armi automatiche tedesche che battono l'ampia strada prospicente. Fra poco il gruppo sarà falciato dalle mitragliatrici dei caccia bombardieri. In basso a sinistra uno « Stukas » si avventa su una stazione ferroviaria trarsformata in caposaldo. A destra un treno merci colpito in pieno brucia.
A Stalingrado l'aviazione germanica effettuò oltre centomila attacchi aerei, sganciando sulle truppe e sulle posizioni sovietiche circa un milione di bombe per un peso totale di centomila tonnellate. Questa immane tempesta, pur causando paurose perdite nelle file sovietiche, non impedì ai difensori della città di costituire una fitta rete difensiva di bunker, approfittando soprattutto degli appigli offerti dai cumuli di macerie e dalle ferraglie contorte delle officine distrutte. In alto una eccezionale foto eseguita da uno « Stukas », mentre in tutta la zona si alza il fumo delle distruzoni causate dai precedenti attacchi. Nella foto in basso il tremendo martellamento aereo di un complesso industriale sulle rive del Volga.
Mentre le unità terrestri investivano la zona centrale della città, l'offensiva aerea toccava il culmine. Ormai, quella che la letteratura sovietica orgogliosamente amava definire la «Regina della steppa», non è più che un immane cumulo di fumanti macerie. Tra le case distrutte divampa una lotta senza quartiere. Benchè assolutamente inadeguata a contenere l'offensiva aerea germanica, l'aviazione sovietica compì tuttavia violente azioni di contrasto. Secondo notizie di fonte russa, si calcola che circa 400 aerei tedeschi siano stati messi fuori combattimento. Nella foto a sinistra gli immensi depositi di carburante sulle sponde del Volga centrati in pieno bruciano. Tutto intorno il terreno è evidentemente sconvolto dalle incursioni aeree tedesche. A sinistra dall'alto in basso una eccezionale sequenza fotografica sul bombardamento della fabbrica « Ottobre rosso ».
3 Settembre 1942. Dopo aver occupato Kalatsc la 65 Armata tedesca, a coronamento di una massiccia offensiva, sfonda il fronte sovietico davanti a Stalingrado lungo tutti quaranta chilometri della sua ampiezza, portando la lotta davanti ai primi sobborghi della città. Ormai al comando russo è impossibile proseguire con la tattica ritardatrice adottata nella prima fase del conflitto. Le dure parole di Stalin «Stalingrado deve essere difesa ad ogni costo, finché a difenderla rimanga un solo uomo» e gli speciali battaglioni di intercettazione sovietici incaricati di aprire il fuoco su chiunque avesse abbandonato le difese della città, resero Stalingrado il baluardo contro cui si infransero gli attacchi delle migliori unità tedesche. Nella foto in alto artiglierie e mezzi cingolati tedeschi si apprestano a prendere posizione nelle vicinanze della città. Al centro batterie tedesche davanti a Stalingrado. In basso reparti della « 4a » Armata rastrellano gli ultimi nidi di resistenza delle difese esterne della città.
L'Alto Comando tedesco tentò di insaccare la «62a» Armata sovietica, dislocata tra il Don ed il Volga a difesa di Stalingrado, in una gigantesca tenaglia che, chiudendosi nell'abitato di Stalingrado, avrebbe dovuto annientare completamente le forze russe. Gli aspri combattimenti impegnati sulle ali dalle truppe sovietiche ebbero l'effetto di ritardare l'avanzata germanica, permettendo così alla «62a» Armata russa di ritirarsi gradatamente, per poi impegnarsi a fondo nella lotta tra le macerie della città. In alto granatieri germanici prendono d'assalto una altura facente parte del sistema difensivo sovietico. In basso carri armati tedeschi avanzano a valanga nel tentativo di chiudere in una morsa le forze avversarie.
14 Settembre 1942. La prima fase dell'investimento di Stalingrado fu cosi conclusa. Il 14 settembre le forze germaniche giunsero in vista del Volga ma non riuscirono a congiungersi nell'abitato della città ancora saldamente nelle mani dei difensori. In questi primi combattimenti le perdite subite dalla Wehrmacht furono notevoli. Certamente superiori le perdite sovietiche che peraltro non intaccarono le poderose riserve che i comandi russi stavano ammassando dietro la sponda orientale del Volga e tra Stalingrado e Voronezh, in previsione della tremenda offensiva invernale. Nella foto in alto a sinistra il generale von Paulus ed il suo Stato Maggiore seguono da un osservatorio avanzato l'andamento delle operazioni. A destra formazioni di granatieri corazzati, sui caratteristici mezzi semicingolati, avanzano sulle sconvolte piste che conducono a Stalingrado. In basso le autoblinde di un raggruppamento esplorante della 4a armata, tedesca concludono la travolgente avanzata che le ha condotte in vista del Volga.
15 Settembre 1942. Fallita la manovra di accerchiamento della «62a» Armata sovietica, il Comando tedesco lanciò le truppe della 6a Armata del generale von Paulus, in attacco frontale contro Stalingrado, premendo verso il centro della città da tre lati. Da questo momento, quella che era stata una battaglia in campo aperto divenne una furiosa lotta fra le macerie dei quartieri devastati. La battaglia si frazionò cosi in innumerevoli scontri di estrema violenza per il possesso di una officina, di una strada, di una casa, di un mucchio di macerie. Nella foto in alto alla periferia di Stalingrado reparti di granatieri battono con armi automatiche caseggiati semi diroccati che i russi hanno trasformato in altrettanti piccoli fortini. In basso le formazioni d'assalto della Vehrmacht irrompono a ondate successive tra le macerie delle sconvolte strade centrali di Stalingrado.
Man mano che le forze tedesche si inoltravano verso il centro della città, le difese russe si facevano sempre più rigide, e non valsero a piegarle lo impiego frequentissimo di reparti di pionieri, truppe d'assalto e mezzi corazzati. Le mitragliatrici, i lanciafiamme, i cannoni ed i mortai tedeschi furono costretti a snidare ed annientare una ad una le numerosissime posizioni sovietiche disseminate fra le case diroccate della città. In alto da un mezzo semicingolato due granatieri germanici aprono il fuoco con la mitragliatrice contro una delle tante minacciose macerie di Stalingrado. In basso a sinistra un franco tiratore tedesco appostato e pronto a sparare sui soldati avversari. Questo tipo di combattente fu una delle caratteristiche più comuni della battaglia per Stalingrado, sia da parte sovietica che germanica. Nella foto in basso a destra un obice tedesco completa, a distanza ravvicinata, la spaventosa opera di distruzione già portata a buon punto dai bombardamenti dell'aviazione e dell'artiglieria pesante.
Il contrasto dei mastodontici edifici industriali della città moderna con le casupole e le baracche di legno ammassate presso le rive del Volga fu quasi annullato dalla comune caratteristica della desolazione e della distruzione più completa. La immane tempesta di ferro e di fuoco scatenata su Stalingrado dai combattimenti rese i vecchi ed i nuovi quartieri una immensa distesa di rovine. In mezzo a queste rovine si decidevano i destini della campagna di Russia, i sovietici si battevano per sopravvivere, ed i tedeschi per mantenere ad ogni costo la supremazia. Nella foto il famoso complesso industriale «Barricata rossa», teatro di furibondi scontri, fotografato dalla linee tedesche con l'ausilio di un cannocchiale telescopico.
Conquistata dopo lunghi giorni di lotta la parte occidentale della città, le unità della «6a'» Armata germanica giunsero a contatto immediato con la zona industriale, attorno alla quale si accesero i combattimenti più accaniti. I soldati dell'« Armata Rossa » fecero di ogni pilastro, di ogni albero, di ogni macchina un caposaldo che venne difeso fino alle estreme possibilità. Nella foto in alto delle immense officine per la produzione bellica non restano che muri vuoti e sbrecciati, in uno scenario fantastico di alberi semi carbonizzati, fra i quali sfilano carriaggi tedeschi addetti al rifornimento delle truppe. In basso un particolare delle officine « Seercinsld » che fu uno degli ultimi agglomerati conquistati dai tedeschi.
Conquistate le fabbriche «Barricata rossa» e «Scercinski», le truppe germaniche si accanirono invano contro le officine «Ottobre rosso», che però non furono mai occupate. La disperata resistenza dei sovietici, l'alto grado di logoramento e di stanchezza delle unità tedesche e le dure condizioni dell'inverno russo, esaurirono di fronte a Stalingrado l'offensiva di von Paulus e la stessa superiorità della Wehrmacht. sull'esercito russo. Da questo momento le truppe germaniche non ebbero più tregua, d'inverno e d'estate, fino al drammatico epilogo fra le macerie di Berlino. Nella foto in alto a sinistra il bottino di una unità tedesca nella steppa a sud di Stalingrado, cannoni, autocarri ed un pittoresco cammello. Nella foto centrale colonne di prigionieri russi vengono avviati dai tedeschi verso le retrovie. In basso a sinistra interrogatorio di donne-soldato della «Armata Rossa » catturate nei combattimenti fra le rovine. In alto a destra il gen. Strecker comandante delle forze tedesche arresesi per ultime a Stalingragrado. A destra in basso i fanti germanici osservarono alcuni civili che, durante una pausa dei combattimenti, escono dalle cantine delle case distrutte.
La difesa Sovietica
L'offensiva invernale russa che chiuse la cruenta battaglia per il possesso di Stalingrado fu condotta inizialmente nelle steppe a nord ed a sud della città, e si propose di rompere lo schieramento delle armate Romena e «42» tedesca, poste alle ali della «62» Armata di von Paulus che investiva la città, per poi rinchiudersi alle spalle di questa nella zona di Kalasc. In un secondo tempo sarebbero balzati all'attacco i difensori di Stalingrado, gli uomini della «622» Armata sovietica, che avrebbero annientato le forze tedesche rinchiuse nella sacca. In queste due eccezionali foto inedite sono visibili, in alto, reparti d'assalto russi armati di « parabellum » e bombe a mano mentre si apprestano ad espugnare una posizione germanica e, in basso, l'interno di una casa trasformata in fortilizio, come tutti gli altri edifici della città, dai soldati russi, durante gli accaniti combattimenti,
19 Novembre 1942. La controffensiva lanciata dall' Alto Comando sovietico per decidere il destino di Stalingrado e di tutta la campagna di Russia, raggiunse obbiettivi tangibili dopo pochi giorni. Le linee germaniche e romene vennero frantumate ed in breve tempo la prima fase dell'azione sovietica fu portata a termine con la decimazione di ben tredici divisioni tedesche e con la perdita di un rilevante numero di carri armati e mezzi di artiglieria. Nella foto in alto le fanterie sovietiche vanno all'attacco fra le rovine della città. A sinistra al centro azione russa in corso all'interno di una officina. A sinistra in basso un cimitero di carri germanici resta sul campo a testimoniare l'asprezza della battaglia. Foto centrale a destra le truppe russe assaltano alcuni ruderi ove si sono asserragliati i tedeschi. In basso a destra un sabotatore sovietico stringendo in pugno il suo « parabellum », viene lanciato attraverso le acque del Volga steso sul suo strano barchino, in azione di disturbo dietro le linee tedesche.
Si venne a ripetere all'inverso, la tragica vicenda cui Stalingrado aveva assistito nell'autunno. Questa volta furono i russi ad attaccare ed i tedeschi a difendere metro per metro quelle stesse macerie che poco prima avevano tanto duramente conquistato. Così come Stalin era stato il primo animatore della disperata resistenza sovietica, anche Hitler ordinò alla «6a» Armata del generale von Paulus di non cedere un passo nella speranza di capovolgere nuovamente a favore delle armi tedesche la tragica situazione. A tale scopo vennero concentrate nelle retrovie germaniche molte divisioni per una azione controffensiva. Nella foto a sinistra in alto soldati russi sparano contro le linee tedesche prima di iniziare l'attacco. In basso a sinistra fanti sovietici accorrono con fucili mitragliatori per fronteggiare un contrattacco germanico. Foto a destra prigionieri tedeschi, duramente provati dai combattimenti, escono a braccia alzate dalle macerie della città. Ovunque cadaveri a testimoniare l'asprezza della lotta.
All'inizio di dicembre il Comando tedesco concentro nel settore di Kotelnikovo 8 divisioni, ed altrettante nel settore di Tormossin, allo scopo di rompere l'accerchiamento e liberare la «6a» Armata insaccata a Stalingrado. Le truppe di von Paulus sarebbero entrate in azione allorchè le divisioni liberatrici, comandate dal generale von Manstein, sarebbero giunte a 15 km dalla sacca. In questo modo le unità sovietiche, prese tra due fuochi, sarebbero state travolte ed il fronte meridionale tedesco ricostituito. Il Comando sovietico reagì dapprima attaccando, su un altro settore del fronte, lo schieramento romeno ed ungherese, frantumandoli e prendendo alle spalle la « 8a » Armata italiana che fu costretta cosi a ripiegare, e poi opponendo alla manovra controffensiva tedesca una tattica ritardatrice, che logorò le truppe di von Manstein. Infine i russi gettarono nella lotta grosse formazioni corazzate tenute in riserva, e con esse fecero fallire il tentativo germanico di liberare la « 6a » Armata. In alto un carro armato tedesco in azione tra le rovine. In basso anticarro sovietici in azione nel settore del complesso industriale « Barricata rossa».
Neutralizzata la controffensiva germanica contro la zona di Stalingrado, le truppe russe ripresero i loro attacchi nel settore dell'ansa del Don e nella sacca in cui era rinchiusa l'Armata di von Paulus. Nel corso del tentativo di von Manstein i russi dichiararono di aver messo fuori combattimenti 22 divisioni tedesche. All'inizio di gennaio la sacca di Stalingrado continuò lentamente a restringersi operando una lenta consunzione delle forze che vi erano rinchiuse. In alto la visione di uno dei campi di battaglia di Stalingrado, cosparso di cannoni ed automezzi distrutti, cadaveri, carogne di animali e neve, neve dappertutto. Nella foto in basso una « katiuscia », effettua il suo tiro micidiale contro le linee germaniche.
10 Gennaio 1943. Inizia l'offensiva finale delle forze sovietiche contro i resti della «6a» Armata accerchiate a Stalingrado. Il Comando della Wehrmacht fece numerosi tentativi per rifornire con aerei le truppe di von Paulus, ma la grave scarsezza di munizioni e di viveri non poté essere eliminata. Frattanto i sovietici appoggiavano il loro attacco con miriadi di « katiusce ». In alto i micidiali lanciarazzi russi bombardano, da una postazione fissa sulla sponda orientale del fiume, le linee germaniche. In basso sullo sfondo delle rovine sfilano le colonne dei prigionieri tedeschi.
2 Febbraio 1943. La resistenza germanica è agli estremi. Il 31 gennaio si arrendevano il gruppo nord della «6a» Armata, e con esso il generale von Paulus, suo comandante, nominato Feldmaresciallo da Hitler nei giorni della capitolazione. Nella zona meridionale della città resisteva ancora un forte gruppo al comando del generale Strecker. Ma ben presto la situazione di queste ultime unità combattenti si faceva insostenibile e le costringeva a deporre le armi. Il 2 febbraio si concludeva la gigantesca battaglia di Stalingrado, una delle più sanguinose della storia. Nella foto in alto la resa del maresciallo von Paulus, accolto con gli onori militari al Comando sovietico. Nella foto in basso sulla « Piazza degli Eroi », nell'ultimo sobborgo di Stalingrado riconquistato dai sovietici, un soldato sovietico agita la bandiera rossa in segno di vittoria dall'alto di un edificio.
La Germania nel conflitto: la guerra totale.
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