I prodromi
della Doppelschlaéht si erano avuti nei giorni
immediatamente precedenti il 5 luglio. Le truppe del Reich, in
una azione a
carattere strettamente locale, erano riusciti ad impadronirsi di
una altura a nord
di Bjelgorod, dominante sopra un vasto tratto di fronte; i
sovietici avevanoprontamente reagito all'attacco, contrattaccando con
estrema
violenza per riprendere il possesso della altura. I tedeschi
avevano iniziato
l'offensiva su tutto l'arco del saliente di Rursk, impegnando
grosse unità
di fanteria e di carri, al comando del maresciallo von Kluge.
Nella foto
in alto carri armati tedeschi sottoposti ad intenso fuoco delle
artiglierie
sovietiche, nel settore di Kurk. In basso a sinistra durante la
battaglia,
un carro armato tedesco avanza verso il nemico. In basso a
destra un panzer sotto il violento fuoco delle artiglierie anticarro
sovietiche,
Nel settore sud del saliente di Kursk le truppe di von Kluge non
venivano impegnate a fondo. In questa zona dominavano le grandi azioni
delle due opposte artiglierie ed i tedeschi si limitavano a
lanciare, di
tanto in tanto, vigorose puntate offensive, col solo scopo di
sondare la
resistenza e la consistenza del dispositivo avversario, e di
costituire una
diversione capace di impedire ai sovietici di distogliere forze
da questo
settore per spostarle a difesa di quello meridionale del
saliente medesimo, o addirittura per portarlo in offensiva in altra zona
del fronte. Per
questo, a nord ovest di Kursk, lo schieramento delle forze
contrapposte non subiva modifiche rilevanti. Nella foto in
alto l'insolita immagine di una batteria di pezzi anticarro
sovietici raggiunti e neutralizzati da
una colonna dì panzer. In basso carri russi inchiodati sul
terreno.
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L'epicentro
della offensiva tedesca del 5 luglio era invece il settore
meridionale del saliente di Klirsk. Ivi le truppe germaniche
ottenevano un
notevole successo, sfondando il fronte sovietico per una vasta
ampiezza nonostante che il Comando russo avesse munito da tempo la zona
con
un profondo e robusto sistema fortificato, per assicurarsi la
protezione
di quella che avrebbe dovuto essere base per un prossimo
formidabile attacco contro le linee germaniche. Nella foto a sinistra in
alto un pezzo automontato tedesco da 150 mm. in piena azione. A
sinistra al
centro la salva di una batteria germanica sul fronte del
saliente di Kursk. In
basso a sinistra le armi automatiche della Flak vengono usate,
come già in altre occasioni, anche per impiego terrestre, con micidiale
efficacia.
In alto a destra si preparano le granate anticarro per
affrontare i T.34; esse venivano allestite legando intorno alle tipiche «
bombe col
manico » della fanteria, sei bombe a mano di tipo impiegato dai
paracadutisti. In basso a destra nella sua fossa, il «
cacciatore di carri » tedesco
attende il nemico, con la granata speciale pronta ad essere
lanciata.
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Una lotta violentissima si accendeva per molti giorni intorno
alle principali posizioni sovietiche, che erano in parte avvolte o
sorpassate. Ma
i protagonisti della battaglia erano i carri armati, che ne
sostenevano il peso principale, provocando quella che era definita come
la più
grande battaglia di carri di tutta la guerra, combattuta senza
soste e senza risparmio da ingenti masse di « Tigre » nel campo
germanico, e
di « T. 34 » in quello sovietico, oltre a numerosi Sherman
americani giunti nel quadro degli aiuti inviati alla Russia dal piano «
Affitti e
prestiti ». Nella foto in alto la fanteria germanica, preceduta
dai carri
armati, avanza in profondità nel dispositivo sovietico della
zona di
Kursk. Al centro granatieri tedeschi all'assalto di una
ferrovia. In
basso reparti della Wehrmacht attraversano un corso d'acqua
sotto il fuoco nemico.
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11 luglio
1943. Al sesto giorno dell'offensiva, l'Alto Comando tedesco
annunciava di aver distrutto nei combattimenti oltre 1.800 carri
armati sovietici; mentre alla stessa data i russi sostenevano di averne
distrutti
1.500 alla Wehrmacht. Dopo alcuni giorni, un bollettino tedesco
dichiarava che le perdite sovietiche ascendevano a ben 5.000 carri
armati, oltre
2.000 cannoni e 1.200 lanciabombe. Più che le perdite, però, i
russi
cominciavano a risentire della sfavorevole situazione strategica
che si era
venuta a determinare nel settore in cui i tedeschi minacciavano
di eliminare del tutto il saliente sovietico di Kursk. Ciò induceva il
Comando
sovietico ad ordinare al maresciallo Timoscenko di sferrare un
vasto movimento controffensivo sull'attiguo saliente tedesco di Orel.
Nella foto
in alto a sinistra i serventi sovietici uccisi accanto alla
tipica mitragliatrice contraerea a quattro canne. A sinistra al
centro prigionieri russi passano accanto al proprio pezzo
controcarro inutilizzato. In basso
a sinistra un e T. 34 fuori combattimento. In alto a destra il
generale Hórnlein, comandante della divisione di
granatieri corazzati Grossdeutschland, una delle migliori unità
tedesche in Russia. In basso a
destra granatieri tedeschi camuffati per la guerra in terreno
palustre.
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14 luglio 1943. Inizia la seconda fase della Doppelschlacht: la
controffensiva russa contro Orel. I pericoli che si
profilavano per lo schieramento tedesco erano due. Anzitutto la
perdita di Orel, importante
nodo logistico e tattico, indispensabile alla Wehrmacht. Poi, la
eventualità che i sovietici, da Orel, potessero far gravitare la loro
minaccia
sulla ferrovia Brjansk-Mosca, determinando il disgregamento
dello stesso
fronte settentrionale. La minaccia pareva imminente, sopratutto
per la straordinaria ampiezza del settore d'attacco sovietico, Questa
situazione,
aggravata dalla rilevante entità delle forze lanciate dai
sovietici nella
mischia, aveva il potere di capovolgere interamente la
situazione, annullando l'iniziale vantaggio germanico. Nelle foto, le
drammatiche sequenze
di una carica di cavalleria cosacca. In alto, la carica dei
cosacchi vista
attraverso la lente di un cannocchiale telemetrico. Al centro i
cavalli al
galoppo senza il cavaliere, falciato dalle armi automatiche
tedesche. In
basso carogne per le strade di un villaggio dopo i furiosi
combattimenti
della cavalleria sovietica contro le formazioni corazzate
germaniche.
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1 agosto 1943. Per la prima volta nel corso della guerra, le
raffinerie di petrolio di Ploesti, in Romania, venivano attaccate da
bombardieri
americani. Gli apparecchi incursori, 200 quadrimotori «
Liberators »,
partivano dalle basi del Mediterraneo orientale e compivano uno
dei « raids » più
lunghi fra quelli effettuati in massa ed in assetto di guerra,
raggiungendo
risultati notevolissimi, non solo per le vaste distruzioni
arrecate agli
impianti, ma anche per le conseguenze che si riflettevano
direttamente ed in
maniera determinante, sulla efficienza della Wehrmacht, che
riceveva da Ploesti il 50 % del proprio carburante. Lo sgancio delle
bombe veniva
effettuato a bassa quota, anche perché i tedeschi ed i romeni
non si
aspettavano un attacco in massa sulla zona, data la lontananza
delle basi
nemiche. Nella foto a sinistra in alto un quadrimotore americano
a bassissima
quota sulle raffinerie in fiamme. In alto a destra le miniere
Creditul colpite dall'incursione americana. In
basso un altra veduta degli impianti petroliferi in fiamme.
Notare anche in questa foto, di fonte americana,
la quota estremamente bassa delle formazioni di bombardieri
attaccanti.
La controffensiva sovietica
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Per la nuova minaccia sovietica contro il saliente di Orel, le
truppe
germaniche erano costrette a rallentare la propria pressione nei
settori di
Kursk e Bjelgorod, ed inviare altre forze più a nord, per
bloccare l'attacco
russo. Ed infatti, nonostante alcuni vantaggi territoriali
conseguiti dai
sovietici, questi venivano fermati davanti alla città di Orel
dalla accanita resistenza della Wehrmacht e dalle riserve che questa
faceva prontamente affluire nella zona. Intanto, dietro le prime
linee, il Comando
germanico andava apprestando rapidamente una cintura difensiva
che consentisse di reggere con maggiore saldezza ai poderosi urti del
nemico.
Nella foto in alto una colonna di T. 34 lanciati a tutta
velocità verso
le linee germaniche, nel settore di Orel. In basso i carri
armati sovietici
T. 34 impegnano un furioso combattimento alla periferia di un
villaggio
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Ben presto anche la controffensiva sovietica si esauriva, dopo
aver raggiunto pienamente il suo obiettivo, di stornare cioè la minaccia
tedesca contro, il saliente russo di Kursk. Ma questa doppia
battaglia, la
« Doppelschlacht » di Kursk-Orel, assumeva particolare
importanza non solo per estrema violenza ,che l'aveva caratterizzata, ma
anche per aver
segnato l'ultimo tentativo germanico di offensiva a vaste
proporzioni sul
fronte orientale. D'ora in poi, non si tratterrà, per la
Wehrmacht, che di
semplici azioni controffensive di alleggerimento, e definite da
scopi molto
limitati. Al termine di questa doppia battaglia, il Comando
sovietico annunciava di aver conseguito i propri scopi sconfiggendo
decisamente i tedeschi, e di aver distrutti 3.000 carri armati e
1.400 aerei. Il Comando
germanico dichiarava che l'arresto della offensiva tedesca a
Kigsk era dovuta a sopraggiunte intemperie. Nella foto in
alto batterie da campagna sovietiche in azione. In basso fuoco
notturno di una batteria russa.
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Il Comando sovietico non si accontentava del successo
controffensivo di
Orel, ma si accingeva a tradurre in pratica piani di operazioni
ben più
vasti ed ambiziosi. Essi seguivano i dettami dei progetti di
offensiva generale
su tutti i fronti, concordata con gli anglo-americani, e si
giovava degli
attacchi che questi stavano preparando ed iniziando nel
Mediterraneo, e minacciavano già sulla Manica. Inoltre urgeva per il
Comando sovietico
la riconquista di ampie zone del territorio nazionale, non solo
per motivi
sentimentali o di prestigio, ma sopratutto perché queste zone
erano fra
le più fertili e le più ricche della Russia, ed offrivano quindi
la possibilità
di alleggerire notevolmente la situazione economica e degli
approviggionamenti che nell'Unione Sovietica si andava facendo sempre
più grave.
Nella foto in alto un panzer di medio tonnellaggio ripreso dalla
feritoria di un carro russo. Al
centro il carro armato tedesco è fuori combattimento. In basso
un semovente tedesco tipo
Ferdinand distrutto.
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L'inizio della offensiva sovietica era graduale. Nella seconda
meta di
luglio i russi incominciavano ad intensificare le operazioni
locali intorno
al nodo tattico-logistico di Orel, accrescendo sempre di più
l'intensità e
la pesantezza degli attacchi. Ben presto gli assalti delle
truppe del maresciallo Timoscenko e del generale Rokossowski assumevano
l'aspetto di
una vera e propria grande offensiva. I tedeschi opponevano a
questa azione una energica resistenza, condotta con molta abilità,
consistente nella
cosiddetta « difesa elastica » e con un sapiente impiego delle
riserve
corazzate e di fanteria. Ma nonostante la forza ancora valida
del dispositivo
tedesco e la bravura dei Comandi, le unità sovietiche riuscivano
a
realizzare, giorno per giorno, nuovi vantaggi territoriali,
avvicinandosi
sempre più alla città di Orel. In alto un carro armato pesante
tedesco «
Tigre » in fiamme. Sullo sfondo, un altro Tigre fuori
combattimento. In
basso fanti sovietici avanzano tra macerie e carcasse di carri
germanici.
Negli ultimi giorni di luglio 1943 i tedeschi erano costretti a
sgomberare
l'importante centro di Bolkhov, ultima stazione ferroviaria di
una certa
entità prima della città di Orel. Dopo Bolkhov, le truppe
sovietiche
giungevano nelle immediate vicinanze di Orel, toccandone i
sobborghi
orientali. I tedeschi contendevano al nemico il terreno metro
per metro, per
evitare che la pressione russa si trasformasse in una
travolgente avanzata e scompaginasse tutto il settore, mettendo in
movimento, per
conseguenza, anche il fronte settentrionale. La battaglia quindi
aveva l'aspetto di una grande lotta di logoramento, più che di una vera
e
propria offensiva, aspetto che dovrà poi assumere più tardi, nel
pieno della
stagione estiva. Nella foto in alto truppe motorizzate
sovietiche in movimento verso occidente. Notare gli « half-track », i
mezzi semicingolati
americani, e le camionette pure statunitensi. Nella foto in
basso truppe
celeri sovietiche assaltano di slancio un nido di resistenza
tedesco,
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5 agosto
1543. Le truppe russe penetravano nell'abitato di
Orel, mentre le forze germaniche iniziavano lo sgombero della
città stessa e
dell'intero saliente che minacciava di essere tagliato fuori
dalle colonne di
attacco sovietiche che stavano per congiungersi alle spalle del
nemico. I tedeschi però riuscivano a far
passare per lo stretto corridoio ancora aperto, buona parte
degli uomini e dei materiali, ed a schierarlo su una
successiva linea di resistenza. Intanto il Comando russo
spostava l'apicentro dell'offensiva più a sud investendo il settore di
Eqelgorod. Nella
foto in alto a sinistra un aereo d'assalto russo « Stormovik »,
impiegato
con successo contro i carri armati, munito di razzi alari. A
sinistra al
centro carri tedeschi centrati dai razzi degli « Stormovik ». A
sinistra in
basso Katiusce sovietiche in azione. In alto a destra il
generale
Rudenko, comandante di una unità aerea sovietica, distintasi nei
combattimenti dell'estate 1043. In basso a destra una officina
aeronautica russa.
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Pochi giorni dopo la perdita di Orel, la Wehrmacht doveva
registrare anche quella dell'importante centro di Bjelgorod. Anche per
questa
località il Comando germanico riusciva a porre in salvo buona
parte delle
proprie unità, ma la perdita di Bjelgorod, aggiunta a quella di
Orel, portava tutto il dispositivo difensivo tedesco ad una situazione
di
estremo indebolimento. Rendendosi conto di questo stato di cose,
i sovietici
passavano ben presto ad una nuova fase dell'offensiva,
estendendo il fronte
di attacco verso sud, fino al settore di Charkov. Intanto sul
fronte
meridionale, presso le coste del Mare d'Azov, il generale
Tolbuchin andava raccogliendo dodici fra le migliori divisioni di
cavalleria e forti unità
di artiglieria, per investire anche l'estremità meridionale del
fronte.
Nelle foto, dall'alto in basso, le tre fasi di una carica di
cavalleria, nelle
sterminate pianure dell'Ucraina. Notare, nella foto in alto, i
carri veloci
e gli aerei, che appoggiano le travolgenti cariche della
cavalleria cosacca.
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23 agosto 1943. La nuova fase dell'offensiva russa dell'estate
1943 aveva
i suoi punti principali nei centri di Brjansk, Vjazhma, Sumi e
Charkov, con particolare insistenza nel settore di quest'ultima
località. Mentre si
andava accrescendo l'intensità della spinta contro la seconda
città
dell'Ucraina le divisioni sovietiche non cessavano di lanciare
continui
attacchi locali, a carattere diversivo, in tutti i settori del
fronte, con
particolare riguardo alla zona di Leningrado, del Lago Ladoga e
della testa di
ponte del Kuban. Il 23 agosto 1943, le truppe russe rientravano
in Charkov, già riconquistata il 18 febbraio dello stesso anno, e di
nuovo perduta,
per la controffensiva di von Manstein, il 19 marz. Nella foto in
alto le fanterie sovietiche all'assalto nei sobborghi di
Charkov. In primo piano un granatiere germanico caduto, fronte
al nemico. In
basso semoventi leggeri russi rientrano nelle macerie del grande
centro ucraino, incontrando sul loro cammino i relitti dei « panzer »
tedeschi.
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30 agosto 1943. Il 22 agosto, la cavalleria del generale
Tolbuchin attaccava sul fronte
meridionale investendo la zona di Taganrog, organizzata come
caposaldo ad istrice. La sera dello stesso giorno i cosacchi
occupavano la stazione di Amvrosieka sulla linea
Statino-Taganrog, isolando
l'istrice dalle sue basi di rifornimento. Il 25 dopo il calar
del sole, con
una carica notturna di cavalleria, veniva investita la linea
fortificata del
fiume Kalmius. I cavalieri rossi impiegavano bazookas, i
micidiali lanciarazzi anticarro, e mine senza neppure scendere da
cavallo. Nella
battaglia del Kalmius portavano ognuno in groppa con sé un fante
che, giunto a breve distanza dal nemico, balzava da cavallo ed andava
all'attacco con un piccolo lanciafiamme individuale. Il 28
agosto Taganrog era
tagliata fuori, il 29 direttamente investita. ed il 30 agosto,
con il forte
concorso delle artiglierie e delle Katiusce, la città cadeva.
Nella foto in
alto carri Sherman di fabbricazione americana avanzano in
Ucraina. In primo piano ammucchiati i resti di soldati tedeschi. Nella
foto in
basso prigionieri germanici in un campo di raccolta nelle
retrovie russe.
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La Germania in guerra: discesa in picchiata. | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | |
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