La Metallurgische Forschungsgesellschaft m.b.H ("Società per la ricerca
in campo metallurgico") fu una compagnia statale inesistente nella
realtà, creata dal Terzo Reich per finanziare la ripresa economica
tedesca ed, al contempo, il riarmo, aggirando di fatto i limiti e le
imposizioni del Trattato di Versailles. Questo sistema di finanziamento
si basava sull'emissione di bond speciali, i cosiddetti "MEFO bond"
inventati nel 1934 dal ministro del Tesoro nazista Hjalmar Schacht il
quale, a nome della summenzionata compagnia fantasma, emetteva tali
cambiali a guisa di titoli di stato onde rastrellare denaro da impiegare
per favorire la ripresa e lo sviluppo economico della Germania insieme
alla produzione di armamenti. "MEFO" era dunque l'acronimo riferito a
una scatola vuota, chiamata appunto "Metallurgische
Forschungsgesellschaft", in nome della quale si emisero siffatte
obbligazioni senza gravare sul bilancio pubblico e senza creare
inflazione, in quanto tali cambiali erano "spendibili" esattamente come
il denaro ma unicamente entro i confini nazionali.
Al momento della sua ascesa al cancellierato, Hitler si trovò di fronte
ad una situazione drammatica dal versante economico - finanziario:
circa il 20 % della popolazione attiva era disoccupata, di cui circa 7 milioni di giovani al di sotto dei 40 anni d'età;
le entrate fiscali dello stato erano, conseguentemente, in caduta libera;
la "Grande Depressione" che seguì al crollo borsistico statunitense del
1929 aveva non solo interrotto il flusso dei prestiti americani alla
Germania, ma imponeva la restituzione a tempi brevi delle quote già
erogate;
l'inflazione stava drammaticamente riportando la situazione tedesca al
decennio precedente, ossia al "Periodo della Grande Inflazione", quando,
nel biennio 1921 - 1923, l'iperinflazione arrivò a gettare sul lastrico
oltre un terzo della popolazione ed a far impennare i prezzi di tutti i
beni e di tutti i servizi a livelli siderali (basti considerare che un
francobollo per cartolina arrivò a costare 5 miliardi di marchi);
permanevano grandi manovre speculative contro la divisa monetaria
tedesca e la voluta impossibilità - da parte di Francia e Gran Bretagna -
di consentire alla Germania di ripagare le riparazioni di guerra.
A questa situazione, il governo nazista avviò una serie di riforme che
portarono, nel volgere di cinque anni, al riassorbimento totale della
disoccupazione (venne praticamente eliminata nel 1938), e nel giro di
due anni (dal 1935) alla rinascita dell'economia nazionale, alla ripresa
dei consumi interni ed all'abolizione unilaterale delle riparazioni di
guerra, il che trasformò la Germania da uno degli stati più poveri
d'Europa alla prima potenza industriale del continente. Le misure
adottate furono:
l'inconvertibilità della moneta nazionale sui mercati valutari, che stroncò la speculazione finanziaria;
la statalizzazione della banca nazionale, che eliminò il pericolo di
stampa di cartamoneta da parte di enti pubblici locali e di privati;
l'abolizione del diritto di sciopero, compensato con l'impossibilità di
licenziamento dei lavoratori da parte del datore di lavoro;
la produzione autarchica di beni di consumo a favore esclusivamente del
mercato interno con l'impossibilità di delocalizzare la produzione di
beni e di servizi all'estero;
l'incentivazione al baratto dei beni e dei servizi, sistema diretto che
non crea inflazione all'interno e che sopperisce ai bisogni di materie
prime provenienti dall'estero una volta che la moneta nazionale venne
resa inconvertibile;
la minaccia rivolta agl'industriali di nazionalizzazione "a costo zero"
delle industrie nel caso non si fossero attenuti al programma economico
dettato dal regime;
l'obbligatorietà per tutti i giovani in età scolare di due mesi estivi
(luglio - settembre) di lavoro non retribuito al termine dell'anno
scolastico;
la creazione appunto dei titoli di stato "MEFO".
Schacht ebbe modo di affermare, al Processo di Norimberga che: "...
l'artificio permise alla banca centrale di fare quello che normalmente
non può fare !"
L'artificio contabile
I “MEFO Wechsel” erano delle cambiali emesse da questa fantomatica
compagnia statale, quindi garantiti dallo stato ed offerenti un
interesse del 4 %, incassabili dopo un lustro, che avevano lo scopo di
dilazionare praticamente a tempo indeterminato i pagamenti contratti
dallo Stato con le industrie private. Il progetto partì già nell’estate
del 1933, dopo che il partito nazista divenne l’unico ammesso in
Germania (14 luglio 1933), quando l’allora ministro tedesco delle
finanze, Hjalmar Schacht (già noto per esser riuscito a debellare
l’iperinflazione nel 1924) s’ispirò al precedente storico statunitense
dettato dalla Guerra di Secessione, quando – sul finire del 1862 il
governo nordista si trovò ad aver necessità della colossale cifra di 449
milioni di dollari (di allora, equivalenti a circa 39 miliardi di
dollari del 2011). Le banche americane chiesero un interesse del 30 %
sulla cifra di cui il governo nordista abbisognava, in quanto il corso
bellico rendeva elevato il rischio d’insolvenza dello stato (solo
dall’anno seguente, il 1863, l’esito del conflitto si mutò decisamente a
favore dell’esercito nordista). Allora il presidente nordista, Abrahm
Lincoln ricorse al potere conferitogli dall’articolo primo della
Costituzione americana, ovvero stampare cambiali di prestito
(“Greenback”) che il popolo sovrano può concedere al proprio governo
(vale a dire a se stesso) senza pagare interessi di sorta e coperto non
da riserva aurea, ma unicamente dalla forza lavoro del popolo medesimo.
La Germania doveva, in più, reperire un mezzo di pagamento che non
lasciasse traccia nei libri contabili e nel bilancio statale, per non
insospettire le potenze vincitrici della prima guerra mondiale.
La costruzione della Compagnia Statale
Schacht escogitò la creazione di una Compagnia Statale "di facciata" che
avesse un carattere provvisorio per durata temporale, sebbene lo
stratagemma funzionò talmente alla perfezione che Hitler, il 20 gennaio
1939 lo promulgò sine die, esautorando lo stesso Schacht che assumeva su
di sé le cariche di Ministro dell'Economia, delle Finanze e
Plenipotenziato dell'Economia Bellica, contrario ad un prolungamento
forzato della durata dell'esperimento. La Compagnia disponeva di un
capitale sociale di 1 milione di Reichsmark al momento della sua
nascita, nel 1933. Essa non ricorreva a prestiti di banche statali o
pubbliche, né a prestiti sui mercati internazionali. Neppure poteva
drenare denaro dalla tassazione, al fine di non deprimere ulteriormente
la capacità di risparmio del popolo, che il regime voleva - all'opposto -
indirizzare verso la ripresa dei consumi interni. In pratica, l'unico
azionista della Compagnia era la banca nazionale stessa, la Reichsbank
statalizzata mesi prima. L'ammontare del denaro "prestato" alla
Compagnia da parte della banca centrale s'incrementò in modo progressivo
col trascorrere degli anni:
1934 2,14 Miliardi di RM
1935 2,72 Miliardi di RM
1936 4,45 Miliardi di RM
1937 2,69 Miliardi di RM (fino al 31 marzo 1938, quando Schacht si dimise da Ministro)
1938 11,9 Miliardi di RM
1939 11,4 Miliardi di RM
1940 10,8 Miliardi di RM
1941 10,1 Miliardi di RM
1942 9,5 Miliardi di RM
1943 8,8 Miliardi di RM
1944 8,1 Miliardi di RM
Il regime nazista riuscì in tal modo ad eludere il limite di 100 milioni
di Reichsmark che le potenze vincitrici della "Grande Guerra" avevano
imposto come cifra totale di finanziamento alla banca centrale tedesca
appunto per prevenire il riarmo germanico, e dell'interesse legale del
4,5%. Il denaro ottenuto con questo artificio contabile consentì la
totale ricostruzione industriale della nazione, la ripresa del mercato
interno e la spesa esponenziale per il riarmo, evitando di ricorrere ad
altre fonti di finanziamento che avrebbero destato sùbito sospetti di
violazione dei trattati di pace. Il regime necessitava di spendere
un'immensa somma di denaro al fine di conseguire contemporaneamente
tutti gli obiettivi prefissati, basti considerare che l'uscita dal
periodo di depressione e la ricostruzione dell'industria pesante, e
dell'economia di base fu raggiunta dagli Stati Uniti soltanto nel 1945,
al termine della seconda guerra mondiale, ben un decennio dopo rispetto a
quanto fece la Germania nazista, ed indebitandosi pesantemente con le
banche. Il sistema dei "MEFO", in teoria, avrebbe dovuto cessare
nell'aprile del 1938, quando i possessori avrebbero dovuto presentarsi
alla banca di stato per riscattarli. All'epoca, erano in circolazione
buoni del tesoro per più di 12 milioni di Reichsmark. In realtà, tutto
il sistema poggiava sul perno della fiducia instaurata tra fornitori
(industria privata) e debitore (il governo, vale a dire il regime
nazista), per cui il rinnovo del "prestito forzoso" era automatico alla
scadenza, anche in virtù del fatto che i MEFO avevano valore unicamente
sul mercato interno e non erano vendibili od acquistabili all'estero.
Il circolo virtuoso
Il quantitativo di titoli MEFO in circolazione era tenuto segreto, al
fine di non generare sospetti o panico nei sottoscrittori, cosa che
avrebbe provocato un repentino ricorso di questi ultimi al rimborso,
facendo di fatto crollare l'intero edificio creditizio e precipitando,
al contempo, la banca centrale nell'insolvenza. L'emissione dei titoli,
all'inizio, era prevista per un solo semestre, con la facoltà di una
proroga di un trimestre o di un quadrimestre. In realtà si prevedeva già
nel 1933 di procrastinare all'infinito di emissione in emissione. Il
circolo vizioso su cui si basava l'artificio prevedeva che: 1 - Gli
industriali (di beni di consumo, di armi, e via discorrendo) ricevessero
commesse dal governo per la produzione di beni e / o di servizi. 2 -
L'importo della commessa fosse espressa sì in Reichsmark, ma fatturata
dagl'industriali stessi in titoli MEFO, dal momento che i MEFO erano a
tutti gl'effetti delle cambiali commerciabili sul solo territorio
nazionale. 3 - I titoli MEFO erano convertibili nella valuta nazionale
(il Reichsmark) su richiesta, ma erano altresì voci di bilancio
finanziario, un rendiconto annuale, che venivano ripagati in valuta
corrente dai lavoratori salariati nell'acquisto dei beni di consumo e
dei servizi. 4 - I titoli MEFO emessi dagl'industriali erano accettati
dalla Compagnia Statale fantasma e "girati" alle banche tedesche
(pubbliche e private), che li accumulavano. 5 - Le banche dovevano - al
termine dei cinque anni dalla data di emissione - presentare i titoli
MEFO presso la banca centrale per scontarli ed estinguerli. 6 - I MEFO
permettevano al governo di emettere "titoli di stato" paralleli per
finanziare le spese governative, creando un deficit di bilancio statale
assai più vasto di quello che normalmente avviene, tant'è che nel 1939
erano in circolazione 12 milioni di MEFO contro 19 milioni di titoli
ordinari di debito pubblico. 7 - Alla fine, i MEFO erano utilizzati dal
governo per ridar fiato all'economia, e - così facendo - di rinforzare
l'economia stessa producendo beni e servizi che i lavoratori potevano
permettersi di pagare grazie ai posti di lavoro che l'economia stessa
generava. I soldi virtuali investiti nell'economia reale generavano il
carburante per la crescita dell'economia in sé e per migliorare il
tenore di vita della popolazione, nonché - purtroppo - per espandere il
bilancio delle spese militari.
martedì 8 luglio 2014
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