Un manifesto per l'arruolamento delle SS Charlemagne |
Già il fatto che fossero stranieri è di per sé un’anomalia. Mai ideologia fu più chiusa ed esclusiva, meno aperta al proselitismo, di quella nazista, basata, come si sa, sulla credula superiorità razziale del popolo tedesco e dei suoi retaggi culturali. Il concetto di Volk, come etnia, si sposa, nel nazionalsocialismo, a quello della terra, per cui le truppe elitarie del regime devono versare il sangue per garantire al popolo spazio e possibilità di vita.
Invece ragioni prima politiche, poi squisitamente militari, portano le massime autorità del Terzo Reich a caldeggiare la formazione di unità combattenti promiscue o, spesso, composte esclusivamente di stranieri. E la singolarità non si arresta qui, perché proprio costoro, che non avrebbero ragioni per farlo, sono gli ultimi, disperati difensori del Reich germanico orami in pezzi. Mentre le fiamme si alzano violente dai ruderi della Cancelleria, combattono l’ultima battaglia per Berlino i sopravvissuti volontari francesi della divisione SS Charlemagne, comandata dal Brigadeführer Krugenberg, i residui gruppi danesi e norvegesi della divisione SS Nordland, e un battaglione di lettoni, che riescono a contenere nei loro settori il dilagare delle forze sovietiche.
Un gruppo francese di guastatori, che aziona cannoni anticarro e Panzerfaust, si sta battendo con estremo coraggio. «Il sottufficiale Eugene Vaulot», annota Krugenberg nel suo rapporto, «dopo aver eliminato due T 34 con il Panzerfaust, nelle ore successive colpisce altri sei carri avversari (…)».
Con Vaulot anche il capitano francese Herzig, capo del reparto corazzato 503, rimasto senza carri, è insignito della croce di cavaliere, che riceve direttamente dalle mani del Maggiore Mohnkee: sono queste le due ultime decorazioni assegnate per meriti straordinari di guerra nella Berlino assediata, e vanno a due Waffen SS straniere.
Si è cercato di spiegare le ragioni di tanto accanimento; si è detto, per esempio, che, trattandosi di uomini che hanno bruciato i ponti con il proprio Paese, hanno di fronte una sola possibilità, quella di sfuggire alla cattura combattendo: una sorta di vincere o perire, dunque. Ma è una spiegazione insufficiente. In quei giorni Norimberga è ancora lontana, e nulla farebbe sospettare che i giudici del tribunale internazionale dichiarerebbero le SS, in toto, comprese quindi anche le Waffen SS straniere, «unità criminali».
Ciò, tuttavia, non serve a illuminarci sulla cieca determinazione, sul fanatismo di cui danno prova molti reparti delle SS combattenti, se non si tiene presente che fattore principale della loro coesione, della loro saldezza è un forte spirito di corpo. Come la Legione Straniera francese, pur essendo composta di gente di ogni provenienza e di ogni risma, lotta con ardore sui più diversi fronti sacrificandosi là dove le stesse truppe metropolitane hanno ceduto (vedi in Indocina), così gli stranieri inquadrati nelle SS, tranne poche eccezioni su cui ci soffermeremo, combattono nelle situazioni più critiche senza sfaldarsi.
Questo grazie alla durissima disciplina che regna nei reparti, ai rapporti quasi camerateschi con gli ufficiali, all’elevato grado di addestramento e a un certo modo di concepire l’esistenza, avventuroso e fatalistico, comune a molte truppe di ventura nei secoli passati; perché, sebbene non arruolati sol miraggio del guadagno, i militari delle Waffen SS straniere hanno non pochi tratti in comune con le unità mercenarie di ogni tempo e Paese. (…)
Con l’immissione di reparti SS accanto ai militari, Himmler è riuscito a gettare le basi della sua milizia personale.
Combatteranno per il Reich oltre quaranta divisioni Waffen SS, fra cui numerose straniere, che vengono arruolate dapprima nei paesi nordici.
Nell’autunno 1940, infatti, i circoli filotedeschi della Danimarca e della Norvegia hanno svolto una intensa campagna d’appoggio alla guerra che la Germania va conducendo. Soprattutto intensa, poi, è stata la propaganda tedesca nei territori dello Schleswig-Holstein sotto la Danimarca. Himmler ordina pertanto a Berger d’intensificare gli sforzi per raccogliere volontari da inserire in una divisione Waffen SS; denominata Wiking, questa sarà comandata dall’Obergruppenfürer Felix Steiner e al momento dell’invasione della Russia conterà 20.000 uomini. (…) Nel maggio 1941 Berger riesce a far giungere in territorio tedesco i primi 120 finlandesi da lui arruolati (…)
Più tardi un battaglione composto unicamente di finnici, il Nordest, verrà sfaldato sul fronte orientale. (…)
Nel 1941 Hitler s’interessa alle Waffen SS e concede a Himmler la formazione di un reggimento, il Nordwest, con uomini delle Fiandre e volontari olandesi; l’unità ha dei comandanti inferiori di lingua fiamminga (…)
Alla fine del 1942 (…) i 650 sopravvissuti del Freikorps Dänemark, un’unità di volontari danesi inquadrata nelle Waffen SS, sono immessi in un reggimento autoportato di nuova costituzione, il cui nome viene ora scritto alla danese, Danmark, per soddisfare l’orgoglio nazionalistico dei suoi membri.
Per la stessa ragione il nome della legione olandese, Niederlande, forte di 1700 uomini, è cambiato in Nederland. Da legione la Nederland viene trasformata in reggimento autoportato con il nome di SS-Panzergrenadierregiment Nederland (l’appellativo di Panzergrenadier indica sempre la fanteria motorizzata) (…)
Oltre alla Wiking combatte la Prinz Eugen, che porta il nome di 7ma divisione SS, formata da Volksdeutsche della ex Jugoslavia; fucilerà senza misericordia decine di soldati italiani inermi dopo l’8 settembre 1943 (…)
Alquanto pittoresca è invece la 13ma divisione da montagna Handschar, una delle unità che hanno dato pessima prova. E’ chiamata anche divisione croata; in realtà è composta di bosniaci e serbi musulmani e non è considerata dai tedeschi molto fidata per cui è adibita a compiti di retrovia. (…)
(…) Verso la fine del 1943 Himmler arruola circa 30.000 uomini fra i musulmani; ogni reggimento di questa divisione – ancora senza nome – ha il suo mullah e ogni battaglione il suo imam (mullah è il signore che nell’esercito turco riveste anche un’autorità religiosa; imam è il suo sottoposto…)
Con ciò si vuole venire incontro ai desideri del Gran Muftì di Gerusalemme, Al Husaini, fanatico sostenitore della causa nazionalsocialista e antiebraica.
Insieme con la possibilità di praticare i loro riti, i musulmani dall’Handschar godono di un vitto speciale. Ma le SS tedesche guardano a questi soldati con diffidenza e ridono nel vederli praticare in massa il «saluto» serale, genuflessi su una stuoia, rivolti alla Mecca, con gli scarponi militari messi ordinatamente a lato. (…)
Un altro reparto delle SS straniere che si circonda di ridicolo è la Legione Indiana. (…)
Vengono condotte le prime compagnie di reclutamento presso gli indiani fatti prigionieri in Africa settentrionale e orientale: il numero dei candidati selezionati non supera tuttavia i 2000 uomini; infatti i tedeschi – contrariamente agli inglesi che nutrono grande stima dei combattenti grukhas e Punjabs – hanno poca voglia di far guerreggiare, accanto alle proprie, truppe di colore e mantengono la Legione Indiana come semplice veicolo propagandistico.
Ben diverso è il discorso per i Volksdeutsche, questi stranieri considerati di fatto – a torto o a ragione – assimilabili ai tedeschi, anche se alle volte non conoscono la lingua tedesca. Verso la fine del 1943 il loro numero è alquanto elevato; nelle Waffen SS si contano 18.000 croati, 21.000 serbi, 54.000 romeni, 22.000 ungheresi, 5500 slovacchi, 1300 danesi dello Schleswig e un numero imprecisato di polacchi. Altri Volksdeutsche, ritenuti tedeschi e come tali inquadrati nelle unità, provengono dall’Alsazia, dal Tirolo italiano, dai Sudati, dalla regione della Danzica, dalla Pomerania, dal Banato di Temesvar; per questi, almeno non c’è difficoltà di lingua. (…)
Altrettanto fedeli al Reich si rivelano, stranamente, truppe belghe francofone, inquadrate nella 28ma SS-Freiwilligengrenadierdivision Wallonien (Freiwilligen: volontari). (…)
Oltre alle truppe di Horthy combattenti sul fronte russo e ai reparti magiari nella Wehrmacht gli ungheresi forniscono tre divisioni Waffen SS: la 22ma SS-Freiwilligenkavalleriedivision Maria Theresa, che lotta con accanimento e audacia; la 25ma SS-Waffengrenadierdivision denominata Hunyadi e la 26ma SS-Freiwilligenkavalleriedivision Ungarn.
Insieme con le unità magiare vengono create forze boeme, composte di volontari; nelle idee e nei piani di Himmler c’è la rinascita dell’impero austroungarico su basi razziali e in funzione antibolscevica.
Così è creata la 31ma SS-Freiwilligenpanzergrenadierdivision Bohmen-Mahren, una delle ultime a essere costituita perché sorta nel 1945 con soldati delle varie scuole SS in Boemia e Moravia e che accanto ai boemi ha numerosi Volksdeutche dei Sudeti. Anche la 31ma divisione verrà annientata in furiosi attacchi contro l’avanzante marea russa.
Tale marea, sostengono gli uomini dell’entourage di Himmler, potrebbe essere fermata soltanto con carne da cannone da buttare a grappoli sul fronte. E questa carne da cannone c’è: basta attingere agli immensi agglomerati di prigionieri sovietici, trarne gli uomini migliori, fornire loro il necessario addestramento e le armi confiscate sul fronte (parabellum e T 34) e mandarli a morire contro i loro connazionali. Il progetto, che sulle prime sembra pazzesco, è invece avviato sua pure in mezzo a difficoltà grazie a un comandante russo: Vlasov. (…)
(…) Si hanno circa 40.000 adesioni, cresciute a varie centinaia di migliaia nei giorni successivi.
(…) Fra gli altri singolari reparti stranieri che si sono visti combattere in divisa o mostrine delle Waffen SS occorre ricordare le SS italiane. (…) L’età dei volontari va dai sedici ai quarant’anni; le SS italiane mantengono per lo più la divisa del vecchio e disciolto regio esercito, con scarponi, fasce mollettiere, giberne, ecc. Cambiano soltanto le mostrine; in compenso gli ufficiali sono chiamati coi gradi vigenti nelle Waffen SS e sono tedeschi o altoatesini. (…) Verso la fine del 1943 vengono mandati circa 15.000 italiani che sono inquadrati militarmente secondo gli schemi tedeschi.
Fin dall’ottobre 1943 Mussolini ha firmato con Hitler un accordo per la formazione di unità italiane nell’ambito delle Waffen SS. (…)
Nella prima metà del 1944 vengono creati due reggimenti di fanteria, un battaglione di ufficiali e altre unità specializzate. Nel giugno dello stesso anno nasce la 29ma SS-Waffengrenadierdivision (italienische Nr.1). Nel settembre 1944 Himmler ordina che sia formata una brigata di granatieri italiani, che entra a far parte dell’armata tedesca Ligurien, nel settore del gruppo di eserciti C.
La brigata, al comando dell’SS-Brigadefürer Paul Hansen, ha avuto il suo centro di addestramento a Pinerolo (…)
Più interessante risulta il massiccio impiego di altoatesini nella 24ma SS-Waffengebirgskarstjagerdivision (cacciatori di montagna), destinata a presidiare la regione montana durante la ritirata delle forze tedesche.
Concludiamo questo breve panorama con una nota originale. Nel marzo 1944, grazie a una serie di conferenze propagandistiche di John Amery, figlio di uno dei ministri di Churchill e fanatico germanofilo, vengono arruolati i primi cinquanta volontari britannici per una costituenda unità che dovrebbe raggruppare nelle file delle Waffen SS, agli ordini del collaborazionista, Walter Parrington, il meglio degli fatti prigionieri. Costoro conserverebbero divise e gradi britannici con la sola eccezione delle mostrine. (…)
Soltanto un paio di centinaia di britannici si acquartierano in Francia sotto il pomposo nome di Britisches Freikorps der SS; ma quando gli alleati invadono la Francia nel 1944, nella caserma che li ospita non trovano alcuno: nemmeno l’ombra di un «tommy» («Sono scomparsi come neve al sole», dirà un americano); e del Britisches Freikorps der SS non si parlerà più.
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