mercoledì 17 dicembre 2014

LA LEGGENDARIA BASE 211


Quella che stiamo per raccontarvi è una storia poco conosciuta ma certamente ricca di fascino, in cui realtà e leggenda si mescolano dando vita a qualcosa di davvero straordinario. Ciò che riporteremo dovrà essere considerato, come dicevano i latini, cum grano salis nel senso che non possiamo garantire con sicurezza che le vicende in oggetto siano tutte assolutamente autentiche. Quello che possiamo dire con certezza è che, se i viaggi e le spedizioni di cui ora parleremo sono effettivamente documentati, non sapremo mai se la Base 211 sia stata davvero costruita o se si tratti solo di una leggenda. Da un punto di vista puramente personale, l’autore del presente testo ritiene buona parte della narrazione con molta probabilità autentica, tenendo anche conto degli enormi progressi tecnologici compiuti dai nazisti nel giro di pochi anni: basti pensare ai sommergibili Type XXI, alle V-2 di Nordhausen o ancora ai Foo Fighters. Ad ogni modo, cercheremo per quanto possibile di analizzare ciascun avvenimento, personaggio e unità in maniera critica e analitica, confrontando parallelamente più fonti, per quanto le informazioni reperibili sulla Base 211 non siano così copiose. Scettico o meno, siamo certi che alla fine di questo documento il nostro lettore sarà rimasto affascinato dai fatti che ci avviamo a raccontare.







La Schwabenland e, a destra, il logo della missione antartica di cui fu protagonista.


Siamo negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale, i nazisti di Adolf Hitler aspirano a diventare la prima potenza mondiale e per farlo guardano soprattutto all’estensione territoriale; l’annessione dell’Austria col famoso Anschluss sarebbe stato solo uno dei tanti esempi. Hitler era infatti un attivissimo propugnatore della teoria dello «spazio vitale», necessario alla sopravvivenza stessa del Terzo Reich. Se tutti sanno che l’Europa sarebbe presto finita sotto gli artigli della svastica, non molti sanno che i nazisti erano supportati da parecchi governi sudamericani (come Argentina o Paraguay) mentre quasi nessuno è al corrente del fatto che i tedeschi volevano impadronirsi – cosa che poi hanno fatto, almeno in parte – dell’Antartide! L’Antartide, raggiunto per la prima volta da Ross nel 1839, era all’epoca una delle aree meno conosciute del pianeta e il fatto che la ripartizione di quei territori non fosse stata ancora stabilita da alcuna legge internazionale, faceva sì che un’occupazione fisica degli stessi ne comportasse automaticamente il possesso. I nazisti dunque fremevano al pensiero di muoversi verso quelle terre e rivendicarne la proprietà una volta giunti sul posto; un’azione di quel genere avrebbe ovviamente avuto una risonanza politica a livello mondiale, a sottolineare ancora una volta la predominanza e la determinazione degli uomini del Führer (è bene dire che la prima missione antartica tedesca risale all’anno 1873). Organizzare una spedizione militare in un clima di tensione come quello del momento non avrebbe fatto altro che incrinare prima del tempo i rapporti con gli anglo-americani, per cui fu decisa una spedizione “civile” per il 1938, in collaborazione con la Lufthansa. Il comando fu affidato al capitano Alfred Ritscher, il quale aveva già dimostrato abilità ed esperienza durante precedenti spedizioni nell’area artica. Una nave fu appositamente modificata nei cantieri di Amburgo per la missione: si trattava di un mercantile riconvertito per il lancio di un paio di idrovolanti. Il nome dato all’unità fu Schwabenland (il cui significato è Svevia) e i componenti del suo equipaggio vennero selezionati e preparati direttamente dalla Società Tedesca per la Ricerca Polare. Tutto faceva presagire insomma una missione in grande stile. Il contrammiraglio Richard Byrd, grande esperto americano dei territori polari, fu invitato dai vertici tedeschi a partecipare alla spedizione ma lo statunitense, dopo aver visionato unità, equipaggio e pianificazione, decise di declinare l’offerta. Byrd all’epoca era considerato quasi un mito: era stato il primo uomo a sorvolare il Polo Sud, nel 1929.









Nazisti in Antartide durante
la missione del 1938-1939.










I protagonisti, da sinistra verso destra: Byrd, Cruzen e Ritscher.


La Schwabenland lasciò Amburgo esattamente il 17 dicembre 1938 con a bordo ingegneri, biologi, idrografi e cartografi e, dopo poco più di un mese, raggiunse la banchisa antartica il 20 gennaio seguente, nella posizione 69° 10’ S, 4° 15’ W. La nave era stata realizzata per essere in grado di imbarcare, lanciare (mediante catapulta a vapore ad una velocità di 150 km/h) e recuperare mediante sollevamento dall’acqua l’idrovolante Wal, della ditta Dornier. Si trattava di un velivolo ad abitacolo scoperto, felicemente utilizzato in passato per il servizio postale e con un’autonomia di circa 2.200 km. Durante le settimane successive i due Wal (i cui nomi erano Boreas e Passat) effettuarono una quindicina di voli coprendo una superficie compresa tra i 325.000 e i 600.000 chilometri quadrati di territorio (i dati in proposito sono contrastanti) e scattando 11.000 fotografie delle aree sorvolate con le speciali fotocamere Zeiss installate a bordo. Una tale raccolta di dati permise, fra le altre cose, di aggiornare notevolmente le vecchie mappe. Come se non bastasse, furono letteralmente centinaia le bandiere naziste disseminate in volo sulle varie zone, il cui scopo altro non era che dimostrare la “paternità” delle terre. Le bandiere erano infatti fornite di una base pesante e appuntita che permettesse una facile penetrazione nel ghiaccio. L’intero territorio coperto dall’esplorazione nazista fu denominato Neu-Schwabenland ovvero Nuova Svevia. Furono scoperte con soddisfazione alcune aree relativamente libere dai ghiacci, ricche di vegetazione e di sorgenti calde sotterranee. Dopo un mese, a metà febbraio del 1939, il gruppo lasciò l’Antartide e iniziò il viaggio di ritorno, durante il quale Ritscher e la sua equipe pianificarono una nuova spedizione, che però non avrebbe avuto luogo a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale. Il viaggio di ritorno durò comunque il doppio di quello di andata, poiché alcuni scienziati vennero sbarcati in Sud America per pianificare con ordine e calma nuove spedizioni. E’ interessante osservare che almeno una parte dei territori raggiunti dai tedeschi fossero già stati scoperti dai norvegesi nel 1931: tale regione è stata poi rinominata Terra della Regina Maud nel 1957, in accordo al Trattato Antartico. Probabilmente però i norvegesi riuscirono ad esplorare sono una piccola area, a differenza della missione a più ampio raggio dei nazisti.







Il Boreas lungo la banchisa.


L’interesse verso il continente antartico era comunque destinato ad aumentare in quanto solo un anno dopo, nel 1940, dunque in piena guerra, ebbero luogo diverse spedizioni segrete verso le zone già esplorate da Ritscher, utilizzando le baie a nord-ovest delle montagne Muhlig-Hoffman come punti d’attracco. Sembra che, durante una delle missioni, sia stato scoperto una sorta di lungo canale sottomarino che attraversava tutto il continente antartico, spingendosi addirittura fino alla Nuova Zelanda nell’estremità opposta; fra l’altro, questo tunnel sarebbe stato perfettamente adatto alla navigazione subacquea e fu anche questo che gli uomini di Hitler maturarono l’idea di edificare una base segreta e superprotetta nei meandri di tale canale: la leggendaria Base 211, chiamata anche – e non a caso, dato che da essa sarebbe dovuta idealmente rinascere la grandezza del Terzo Reich – Nuova Berlino. Non solo, infatti, una base sotterranea sarebbe stata molto più difficile da individuare ma, lungo il canale, si aprivano continuamente gigantesche grotte naturali (formatesi grazie allo scioglimento dei ghiacci provocato dall’attività geotermica della regione). Si dice addirittura che una delle caverne fosse estesa per 50 km al di sotto di un lago caldo. La costruzione dell’installazione sarebbe cominciata nel 1942, contemporaneamente alla realizzazione di un’opera analoga su un altopiano delle Ande, presumibilmente in Argentina. Al supporto logistico provvedevano esclusivamente gli U-Boote, i quali potevano con relativa facilità eludere la sorveglianza nemica fino ai territori del Sud America o sino addirittura all’Antartide. E’ plausibile che i comandanti dei sommergibili tedeschi avessero acquisito una sufficiente esperienza durante le campagne navali all’interno del circolo polare artico (la presenza di iceberg si manifesta già a circa 200 chilometri a nord della Norvegia) o nel Mar Baltico. A partire dalla sconfitta subita a Stalingrado, i vertici tedeschi cominciarono a prendere sempre più in considerazione l’opzione fuga, e una delle mete ideali sarebbe stata naturalmente la sicura Nuova Berlino, anche alla luce del possibile supporto che avrebbero potuto ricevere dai governi filonazisti del Sud America. Con l’inizio del 1944 cominciarono dunque spedizioni verso la Base 211 sovvenzionate niente di meno che dalle SS. Un’aura di mistero circonda la natura del materiale trasportato a bordo di quegli U-Boote: c’è chi parla di parti di aerei militari – che sarebbero stati rimontati una volta giunti a destinazione – mentre altri dicono che a bordo ci fossero elementi di dischi volanti. I nazisti infatti furono i capostipiti dei costruttori di velivoli aerei non convenzionali e abbiamo le prove che avessero realizzato mezzi che oggi chiameremmo UFO (Unidentified Flying Objects).







La rotta di andata e ritorno
seguita dalla Schwabenland.


L’ultimo convoglio di sommergibili tedeschi lasciò la Germania alla fine dell’aprile 1945, nel tentativo di mettere in salvo quel poco che rimaneva dell’ormai sconfitto Reich. C’è addirittura chi afferma che anche Hitler si sarebbe imbarcato su quei battelli, tesi che però non ci sembra molto sostenibile in base alle analisi effettuate sui cadaveri di Adolf Hitler ed Eva Braun e anche in accordo alle numerose testimonianze rilasciate da tedeschi e sovietici ai vertici dei rispettivi governi. Comunque sia, è certo che l’ultimo gruppo partito fosse costituito da almeno due sommergibili: l’U-530 del capitano Otto Wermuth e l’U-977 del capitano Heinz Schaeffer. E’ poi intercorso un periodo di circa tre mesi durante il quale non si seppe più nulla dell’U-977 (l’ultimo contatto risale al 2 maggio, quando il sommergibile lasciò Kristiansand, Norvegia), dopodiché il sommergibile venne consegnato dall’equipaggio completamente vuoto agli ufficiali della Marina Argentina, dunque parecchio tempo dopo la resa ufficiale dei tedeschi (avvenuta l’8 maggio). L’ipotesi più accreditata (anche se non certa) è che i sommergibili trasportassero persone e materiali di una certa importanza, che sarebbero stati sbarcati presso la Base 211, prima venissero definitivamente consegnati agli argentini. Alti ufficiali della U.S. Navy raggiunsero l’Argentina per interrogare gli equipaggi nazisti e, sebbene il comandante Schaeffer abbia ripetutamente negato di aver trasportato qualcosa o qualcuno di speciale, non è da escludere che qualche membro dell’equipaggio abbia alla fine parlato. Sembra inoltre che l’U-530 e l’U-977 non siano stati gli unici sommergibili operanti nell’Atlantico meridionale ad aver ritardato la resa, anche se i casi documentati sono solo questi due. Alcune agenzie di stampa dell’epoca parlavano di sommergibili tedeschi operanti nell’area antartica anche a distanza di un anno dalla fine delle ostilità in Europa.







Il lancio di un Wal da parte della Schwabenland.










La Nuova Svevia, con parecchie annotazioni tedesche e relative traduzioni in inglese.


Nonostante i rapporti tedeschi non parlino ovviamente di sommergibili diretti in Antartide, le informazioni degli almanacchi navali ufficiali non contrastano con quanto sopra detto. Riportiamo di seguito la vita operativa delle due unità U-530 e U-977, osservando come i due sommergibili siano stati consegnati rispettivamente due e tre mesi dopo la resa della Germania. Perché questo ampio ritardo? Fin dove possono essersi spinti i battelli nel frattempo?

U-530, Type IX C/40

Autonomia di 11.400 miglia a 12 nodi in superficie, operativo dal 14 ottobre 1942

Entrò in servizio al comando di K. Lange. Nel gennaio 1945 il comando passò ad O. Wermuth. Effettuò 5 missioni di guerra affondando due mercantili. Alla cessazione delle ostilità era in missione al largo di Long Island e diresse a sud raggiungendo Mar del Plata, Argentina, il 10 luglio 1945. L’equipaggio fu internato e il battello fu consegnato agli Stati Uniti. L’U-530 fu utilizzato come unità bersaglio e affondato nel 1947.

U-977, Type VII C

Autonomia di 6.500 miglia a 12 nodi in superficie, operativo dal 6 maggio 1943

Entrò in servizio al comando di H. Leilich. Nel marzo 1945 il comando passò ad H. Schaeffer. Effettuò una sola missione di guerra, peraltro infruttuosa. Alla cessazione delle ostilità il sommergibile era in missione al largo delle coste norvegesi. Invece di dirigere verso le coste britanniche o tedesche, come ordinatogli, mise la prora a sud e si diresse in Argentina dove arrivò nel Mar del Plata il 17 agosto 1945. Battello ed equipaggio furono dapprima internati in Argentina e quindi consegnati agli Stati Uniti. L’U-977 fu affondato nel 1946.







Una delle foto scattate dai Wal in Antartide.


Più di un anno dopo la consegna dell’U-977, nel 1946, scattò l’Operazione High Jump, la più grossa operazione militare che gli statunitensi abbiano mai effettuato in Antartide (perché mai una missione così impegnativa dopo una seconda guerra mondiale tanto terribile e dispendiosa, perché mai tanta urgenza?). Ufficialmente lo scopo della missione era quello di addestrare il personale e testare nuovi materiali in condizioni climatiche polari, ma quasi certamente l’obiettivo reale era un altro: togliere di mezzo una volta per tutte la colonia tedesca che si era instaurata in quell’area dimenticata dal mondo. La spedizione era guidata – scherzo del fato – dal contrammiraglio Byrd, probabilmente anche perché conosceva nel dettaglio l’organizzazione nazista in Antartide (ricordiamo che Byrd era stato invitato in Germania durante i preparativi della missione di Ritscher). Byrd però era più che altro una guida “simbolica”, il comando prettamente militare fu affidato all’ammiraglio Richard Cruzen. Più che una missione esplorativa, High Jump era una missione di guerra. Il 2 dicembre 1946 salpò da Norfolk, Virginia, una grossa flotta composta da: una portaerei (la USS Philippine Sea), due cacciatorpediniere (USS Brownsen e USS Henderson), due rompighiaccio (USCGC Burton Island e USCGC Northwind), quattro navi da supporto logistico (USS Yankee, USS Merrick, USS Canisted, USS Capacan), una nave per comunicazioni (USS Mt. Olympus), un sommergibile (USS Sennet, classe Balao) e due navi per appoggio idrovolanti (USS Currituck e USS Pine Island); a questo si aggiungevano, imbarcati, sei elicotteri e dodici aerei (di cui la metà idrovolanti), oltre ad almeno una muta completa di cani da slitta. Furono imbarcate provviste per ben 18 mesi e vi presero parte almeno 4.700 soldati. A questo punto sono due le possibili versioni del prosieguo, una verosimile ma strana e l’altra fantasiosa. La versione ufficiale afferma che gli americani abbiano sorvolato e tracciato carte aggiornate di ben 1.300.000 chilometri quadrati di territorio; poi il peggioramento delle condizioni meteo avrebbe spinto la spedizione a far ritorno in patria. Una mobilitazione di quasi cinquemila persone solo per un tale scopo ci sembra un po’ un’esagerazione. La seconda tesi, riportata da parecchi autori, è notevolmente più fantasiosa. Gli americani sarebbero sbarcati lungo le coste della Nuova Svevia e sarebbero incappati nei leggendari dischi volanti nazisti Haunebu (uno o più di essi). Il racconto continua con un epico scontro tra i dischi e le forze armate convenzionali statunitensi, che nulla poterono contro nemici tecnologicamente più avanzati. La storia dice anche che durante uno dei suoi voli attorno al Polo Sud, Byrd ed il suo operatore radio sarebbero stati obbligati ad atterrare da due dischi volanti. Una volta scesi, due uomini bassi e biondi li avrebbero scortati sottoterra, nella Base 211, dove fu loro ordinato di consegnare il seguente messaggio al loro governo: «Fermate immediatamente le esplosioni di armi nucleari altrimenti farete esperienza di tempi molto difficili in futuro». Comunque sia andata, i rapporti ufficiali della missione High Jump riportano che un aereo precipitò provocando la morte di tre uomini, un quarto uomo morì sul ghiaccio per cause non precisate e due elicotteri precipitarono senza conseguenze fatali per l’equipaggio. Ci sembra un po’ troppo per una missione semplicemente esplorativa… Dopo tre settimane dallo sbarco, gli americani si sarebbero reimbarcati sulla via del ritorno, raggiungendo gli Stati Uniti nel febbraio del 1947. Byrd fu interrogato dai servizi segreti subito dopo essere stato accolto pubblicamente dal segretario della Difesa James Forrestal. Sembra, ma non è confermato, che il 5 marzo 1947 sul giornale “El Mercurio” di Santiago del Cile sia apparsa un’intervista a Byrd, di cui riportiamo un breve tratto: «Gli Stati Uniti sono stati costretti a difendersi da caccia nemici provenienti dalle regioni polari […] e nell’eventualità di una nuova guerra, gli USA verrebbero attaccati da caccia in grado di volare da un polo all’altro a velocità incredibile».







Navi americane avanzano tra i ghiacci
durante l'operazione High Jump.

Potremmo continuare per parecchie decine di pagine riportando altre testimonianze ed altre “leggende”, ma reputiamo sia più corretto parlare soltanto dei fatti che, almeno in linea di massima, possano essere avvalorati da fatti realmente accaduti. La storia che abbiamo raccontato presenta collegamenti con parecchi dei misteri tuttora irrisolti della storia del ventesimo secolo ed è legata anche alle infinità di teorici della cospirazione sparsi per il mondo. Noi però siamo degli studiosi, e proprio per questo non possiamo basare le nostre teorie su voci e ipotesi molto spesso a dir poco balzane. Certo è che – questo è un dato di fatto – a partire dalla fine della seconda guerra mondiale gli avvistamenti di UFO (che certamente nella quasi totalità dei casi sono frutto della fervida immaginazione della gente!) sono aumentati in maniera incredibile, con parecchie segnalazioni giornaliere. Se davvero una «civiltà intelligente extraterrestre» fosse giunta fino alla Terra, perché mai dovrebbe limitarsi a sorvolare per decenni o secoli il nostro pianeta, invece di sbarcare gli occupanti dei dischi ed interagire attivamente con gli umani?! A nostro modesto parere, nessun alieno o disco volante appartenente ad altri sistemi solari è mai giunto fino a noi, ma si trova soltanto nella fantasia di coloro che vedono inevitabilmente gli alieni come mostriciattoli verdi, come se non fosse possibile un qualunque altro tipo di vita intelligente nello spazio, ben diversa dal nostro aspetto. Tornando al discorso di poco prima, ci sembrerebbe molto più probabile che quella minuscola percentuale di avvistamenti UFO davvero validi sia dovuta al volo di mezzi militari sperimentali, forse derivanti da quei fantomatici prototipi tedeschi razziati, insieme al resto, nel momento stesso in cui USA e URSS raggiunsero Berlino mettendo fine al conflitto europeo o magari riportati indietro proprio dall’Antartide. D’altro canto, non dimentichiamo che l’amministrazione statunitense ha recentemente confermato in maniera ufficiale e definitiva l’esistenza della celeberrima Area 51. Esistono video che mostrano oggetti volanti capaci di muoversi in maniera indubbiamente non convenzionale. Probabilmente l’Area 51 – insieme a chissà quali altre installazioni – altro non è che frutto di ciò che gli americani riuscirono a depredare, in termini di tecnologia, ai nazisti. Non dimentichiamo che, se gli USA hanno messo piede sulla Luna prima dei sovietici, moltissimo lo devono al brillante von Braun, le cui grandi capacità di esperto in missilistica furono messe al servizio dell’oltreoceano. O ancora, qualunque esperto in unità subacquee non potrà negare l’enorme contributo che i Type XXI tedeschi hanno dato alla successiva evoluzione del sommergibile.







Aereo della U.S. Navy in atterraggio sul
continente antartico durante la High Jump.


Ritornando per l’ultima volta al tema Base 211, dopo aver raccontato una storia intrisa di realtà e fantasia, ci piace concludere il presente articolo riassumendo solo le vicende realmente accadute, lasciando tutte le conclusioni del caso al lettore che, ne siamo sicuri, le valuterà in maniera oggettiva e razionale.


I tedeschi si sono recati numerose volte in Antartide, acquisendo notevoli dosi di conoscenze ed esperienze sul campo.


Il 17 dicembre 1938 partì la missione che avrebbe permesso ai nazisti di fotografare e campionare una vastissima area dell’Antartide, oggi nota come Terra della Regina Maud.


Almeno due sommergibili, ma probabilmente un numero molto maggiore, ritardarono la resa del ’45 di almeno due mesi, rimanendo in mare per ragioni ignote.


Il 2 dicembre 1946, appena un anno dopo la fine dell’ultima colossale e dispendiosa guerra mondiale, scattò la missione statunitense High Jump alla quale presero parte, nonostante fosse ufficialmente solo una spedizione scientifica e di addestramento, una portaerei, undici navi, un sommergibile, sei elicotteri e dodici aerei: destinazione Antartide. Per cause ancora sconosciute, quattro uomini hanno perso la vita e tre velivoli sono andati perduti.







Così si sarebbero presentati gli Haunebu I.

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