Tutto ciò procedette quasi secondo i piani prestabiliti, sebbene non così rapidamente come si era sperato. La resistenza dei russi fu tenace ma le numerose brecce aperte nelle loro linee da truppe corazzate e motorizzate imposero una ritirata generale, molto disturbata dal nemico, dietro il fiume Don. Dopo tre settimane la prima fase era virtualmente finita e Hitler emanò gli ordini per la fase successiva. Il gruppo d’armate meridionale fu allora diviso in un gruppo d’armate A, comandato da List, e un gruppo d’armate B, agli ordini di Bock. Le istruzioni di Hitler del 23 luglio davano loro i seguenti compiti.
Il gruppo d’armate A doveva occupa- re l’intera riva orientale del Mar Nero. Dopo la conquista dei campi petrolifèri di Maikop, una colonna mobile doveva impadronirsi di Groznyj. «Successivamente si dovrà occupare il settore di Baku, avanzando lungo il mar Caspio.» Il gruppo d’armate B, dopo aver costituito una linea difensiva sul fianco verso il Don, doveva avanzare su Stalingrado,«distruggere le forze nemiche quindi concentrate e occupare la città». Colonne mobili dovevano procedere lungo il corso meridionale del Volga sino ad Astrakhan. Le operazioni locali dovevano essere svolte dal gruppo d’armate centrale per impedire ai russi di ritirare truppe da tale fronte, mentre nel nord Leningrado doveva essere occupata ai primi di settembre
Gli ordini di Hitler di occupare tutto il litorale del Mar Nero non poterono essere eseguiti. Nel settore centrale, i tedeschi raggiunsero le alture ai piedi del Caucaso, ma non riuscirono a proseguire. La resistenza russa, rafforzata da truppe fresche inviate per ferrovia lungo la costa occidentale del Caspio, fu salda ovunque. Kleist, indebolito dalla sottrazione di forze destinate all’attacco di Stalingrado, continuò a battersi sino a novembre; il 2 di novembre infatti s’impadroni di Nal’cik. Poi, sopravvenne l’inverno col suo clima proibitivo; la sua offensiva era finita. Sul fronte del gruppo d’armate B le cose andarono assai peggio. L’esca di Stalingrado affascinava Hitler; già il suo nome era per lui una sfida. La città era importante come centro industriale, e anche come caposaldo sul fianco tedesco che doveva proteggere il principale attacco di Kleist in direzione del Caucaso.Essa diventò una calamita che attirò su di sé lo sforzo supremo dell’esercito e dell’aviazione di Hitler.
Anche la diversione verso sud della 4à armata corazzata, per aiutare il gruppo d’armate
Le perdite erano state gravissime e i rincalzi insufficienti. Hitler, invece d’inviare in prima linea rinforzi freschi per sostituire le perdite, si serviva di essi per costituire nuove divisioni, prive d’addestramento. A giudizio dei militari era ormai tempo di fermarsi, ma Hitler non diede retta. Alla fine di settembre, il capo di Stato Maggiore di Hitler, Halder, finalmente resistette al suo padrone e fu allontanato. Hitler continuava a spingere innanzi le sue truppe. Verso la metà di ottobre, la situazione tedesca era notevolmente peggiorata. Il fronte del gruppo d’armate B si estendeva per oltre 1100 chilometri; la 6à armata del generale Paulus aveva speso tutte le sue energie a Stalingrado e ormai si trovava esausta con i fianchi debolmente protetti da alleati di dubbio valore. L’inverno era imminente e i russi avrebbero certamente lanciato il loro contrattacco: se il fronte del Don non poteva esser difeso, la sicurezza delle truppe che si trovavano nel settore del Caucaso avrebbe corso grave pericolo. Ma Hitler non volle tener conto di alcun suggerimento di ritirarsi.Il 19 novembre i russi iniziarono la loro grande manovra d’accerchiamento, preparata da lungo tempo con grande abilità, attaccando sia a nord che a sud di Stalingrado i fianchi tedeschi debolmente difesi.
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