lunedì 7 luglio 2014

Nazionalsocialismo




Il nazionalsocialismo, movimento politico e sociale tedesco ispirato da A. Hitler, ebbe come suoi capisaldi dottrinali il concetto di popolo (o nazione o Volk) inteso come unità etnico- naturale, il razzismo con il connesso antisemitismo, l'imperialismo (il "Grande Reich"), l'autoritarismo, il culto della forza. Le idee e la storia del movimento nazionalsocialista, pur incarnandosi essenzialmente nelle idee e nella biografia del suo capo, Hitler, furono però anche la risultante di tradizioni, dottrine, aspirazioni storiche dei popoli e dei paesi di lingua germanica. Così l'apologia della guerra e della violenza e il culto della forza si ritrovano già, per certi aspetti, in Arndt , in Hegel e in alcuni teorici dello SM prussiano; la concezione dello Stato autoritario e totalitario aveva dei precedenti in Fichte e in Hegel sul piano teorico e, nella prassi politica, nell'azione di governo di Bismarck . Quanto alla formulazione naturalistica del concetto di nazione, che poneva il suo legame nella comunanza biologica del sangue e della stirpe, essa aveva il suo antecedente più immediato nell'opera di Georg von Schönerer . Per quel che concerne infine l'antisemitismo, vecchia tradizione tedesca rafforzata dalla falsificazione dei Protocolli dei savi di Sion, Hitler derivò da Karl Lueger (borgomastro di Vienna prima del 1914) il suo collegamento con i motivi antiliberali, antisocialisti e antinternazionalisti. La dottrina nazionalsocialista, nella quale confluivano motivi ideologici disparati e a volte anche contrastanti tra di loro, trovò la sua formulazione autentica nel Mein Kampf (La mia lotta, l'opera scritta da Hitler in prigione nel 1924 e pubblicata nel 1925) e poi nello scritto di Alfred Rosenberg Il mito del XX secolo(1930). Essa si atteggiava come una concezione totale della vita e del mondo, incentrata sul concetto di Volk, interpretato, come si è detto, in chiave etnico-razzista e non storico-culturale, e cioè come un portato della razza (unità biologica e comunanza di sangue). La superiorità tra le razze (la cui condizione stava nella purezza) era attribuita a quella ariano-nordica, alla quale sarebbero state dovute le conquiste più grandi della civiltà (il nazionalsocialismo si rifaceva, a questo proposito, alle idee formulate dapprima dal Gobineau e poi da H. S. Chamberlain); di contro impura veniva giudicata la razza ebraica, che cercava di contaminare la purezza dei biondi ariani del Nord e che propagava ideologie nocive come il marxismo, l'internazionalismo, l'individualismo, il liberalismo.
Il "popolo" tedesco purificato da queste contaminazioni e custode geloso della sua unità etnica e razziale (di qui l'esclusione dei non tedeschi dalle pubbliche funzioni, la proibizione dei matrimoni misti, la sterilizzazione dei degenerati e dei malati incurabili e, in un crescendo di aberrazioni irrazionali, le persecuzioni generalizzate contro gli ebrei), si sarebbe quindi dovuto realizzare come Volksgemeinschaft, cioè come comunanza solidale fra gli individui che impersonavano lo spirito del popolo (vale a dire gli ideali nazionalsocialisti). L'uomo dunque, anziché essere concepito come individuo, era visto, in polemica con tutte le impostazioni liberistico-individualistiche del XIX sec. e dei primi decenni del XX, come membro della comunità (Volksgenosse), in un rapporto di coordinazione e di unione con gli altri partecipi della comunione popolare. I membri della comunità così stabilita erano pertanto posti in grado di seguire con disciplina le grandi personalità nelle quali metteva capo lo spirito del popolo, i Führer, i capi di tipo carismatico — come Hitler — che incarnavano in sé il potere del popolo. Questa concezione del potere respingeva esplicitamente ogni implicazione democratica, perché il Führer (Hitler) non esercitava un potere appartenente al popolo e a lui delegato, ma era il popolo a essere guidato dal suo Führer, che proveniva sì dal popolo, ma era staccato da quello (Führerprinzip, principio della guida).


Il Reich tedesco, identificato con il popolo tedesco e fondato sulla comunità popolare, Stato unitario e a partito unico, sarebbe stato abbastanza forte per rovesciare la costruzione edificata dalle potenze vincitrici della prima guerra mondiale a Versailles e si sarebbe annesso tutti i territori di lingua germanica, così da arrivare alla costruzione di una "Grande Germania" che avrebbe avuto in Europa un suo "spazio vitale" (Lebensraum), vale a dire una zona d'influenza economica e politica riservata alla razza tedesca in espansione. Il Reich era definito anche Stato "socialista", ma questo soltanto nel senso solidaristico del termine, in quanto tutti i cittadini erano uguali nella collettività popolare e di fronte al Führer; ma nella pratica Hitler, che pure inizialmente si era valso di formule anticapitalistiche e antimonopolistiche per procurarsi l'appoggio degli strati popolari e dei ceti piccolo-borghesi, una volta al potere ricevette l'appoggio dei magnati dell'industria (le cui simpatie si era già conquistato, soprattutto in Baviera, sin dal periodo successivo alla rivolta spartachista) e seppe interessare i ceti dirigenti tradizionali del settore alla sua economia pianificata, indispensabile per realizzare l'autarchia e per sviluppare la produzione, specialmente quella bellica, in vista del conflitto militare.

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