Terza parte: 1933
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“Il 1933 sarà il nostro anno. Glielo
posso mettere per iscritto” asserì Hitler alla festa di capodanno
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ad uno dei suoi maggiori
sostenitori, Ernst Hanfstaengel. La lotta quindi continuava e il successo
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sarebbe presto arrivato. Bisognava comunque agire con
prudenza perché il partito stava
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attraversando una fase difficile.
Bisognava evitare che il governo Schleicher cadesse
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immediatamente perché le dissanguate risorse finanziare
del partito non sarebbero riuscite a
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reggere ad un’altra estenuante
campagna di propaganda per le elezioni. I deputati nazisti
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contribuirono quindi a bloccare un
voto di sfiducia proposto da comunisti e socialdemocratici. La
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vera svolta che fece uscire Hitler da un vicolo cieco in
cui lui stesso aveva voluto finire giunse il 4
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gennaio. In gran segreto (anche il suo autista personale Otto Dietrich era
all’oscuro di tutto) il
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Fuhrer si incontrò con l’ex cancelliere Franz von Papen.
L’obiettivo di quest’ultimo era chiaro:
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riprendere il suo posto al governo
vendicandosi di Schleicher che prima gli aveva consegnato il
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potere e poi glielo aveva
sottratto. Papen propose ad Hitler di formare un governo nuovo
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appoggiato da una coalizione tra nazisti e conservatori
e che si sarebbe servito dell’appoggio di
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Hindenburg e dei suoi speciali decreti. La proposta era
allettante, anche se la divisione del potere
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non rientrava nei piani di Hitler. Bisognava però
arrivare alla cancelleria prima che fossero indette
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nuove elezioni per evitare ulteriori
perdite alle urne. Questo il Fuhrer lo sapeva bene e la chance
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che Papen gli offriva, se ben sfruttata, avrebbe potuto
condurre ad ottimi risultati. Sapeva bene
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comunque che l’anziano Hindenburg
si era sempre opposto ad un suo gabinetto ma sperava di
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riuscire a sfruttare l’influenza di
Papen sul presidente ai propri fini.
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Su questo importante fattore si
basava la strategia del nuovo alleato di Hitler: l’avversione di
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Hindenburg verso il leader nazista gli avrebbe permesso
di ritornare cancelliere contando
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sull’appoggio dei deputati nazisti.
Papen promise che avrebbe nominato due nazisti ai ministeri
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degli interni e della difesa, due
posizioni di rilievo che avrebbero dato al partito nazionalsocialista il
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controllo delle forze armate. Hitler non era comunque
disposto a ricoprire un ruolo di secondo
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piano e reclamava per sé la
cancelleria forte del grande appoggio popolare di cui godeva. Alla fine
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non si decise niente ma i due politici decisero di
reincontrarsi per continuare le trattative. Il giorno
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seguente la notizia dell’incontro
appariva già su molti giornali berlinesi, nonostante le forti
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precauzioni prese da Hitler. I
nazisti cercarono di sminuire l’importanza di un simile avvenimento e
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i due politici tedeschi affermarono
di essersi incontrati solo per discutere della possibilità di un
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ampio fronte nazionalista.
Schleicher non dette peso alla notizia pensando che Papen non avesse il
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coraggio di muoversi contro di lui. Il generale
considerava il proprio ex protetto poco più che un
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fantoccio, incapace di ordire
cospirazioni e impacciato nel difficile mondo politico tedesco. Ma
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Papen stava attuando un piano ben preciso ed era deciso
ad andare fino in fondo. Si incontrò con
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Hindenburg riferendogli che Hitler
era disposto ad appoggiare un gabinetto di coalizione assieme
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alle forze conservatrici. Il
presidente intuì che una simile opportunità implicava la caduta di
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Schleicher poiché i nazisti non lo avrebbero mai
appoggiato. Sarebbe stato Papen a dover ricoprire
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l’ambita carica di cancelliere,
forte dell’appoggio del presidente.
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Rilanciato dagli avvenimenti degli
ultimi giorni Hitler si immerse completamente nella campagna
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elettorale nel Lippe, uno dei più
piccoli stati federali che contava solo 100000 abitanti. Era il
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omento ideale per rilanciare la credibilità del partito:
le dimensioni ridotte del territorio
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rendevano possibile una intensa
campagna elettorale che non avrebbe pesato troppo sulle risorse
|
finanziarie naziste, ormai agli sgoccioli. Tra il 4 e il
15 gennaio, giorno delle elezioni, Hitler tenne
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quindici discorsi e altri
importanti esponenti nazionalsocialisti completarono l’opera di propaganda
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con 23 comizi. Bisognava sfatare l’impressione ormai
diffusa che il nazionalsocialismo fosse in
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declino e che presto sarebbe
crollato. Un'altra sconfitta alle urne sarebbe stata fatale ma la sorte
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giocò ancora una volta a favore dei nazisti. Il
Lippe era l’ideale per rilanciare il partito e Hitler lo
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sapeva bene. Le dimensioni ridotte del territorio
permettevano di sostenere una campagna di
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propaganda senza precedenti con
discorsi giornalieri in tutto lo stato. La popolazione era costituita
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per lo più da protestanti, il 95% circa, che vivevano
per lo più in campagna. Il partito nazista non
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aveva mai riscosso molti consensi
nelle zone altamente industrializzate la cui popolazione votava
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solitamente o per i
socialdemocratici o per i comunisti. Nel Lippe le fabbriche erano quasi
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inesistenti e le poche che c’erano erano piccole aziende
che producevano mobili. I nazisti
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contribuirono a rendere più
imponente la loro campagna elettorale facendo affluire nel minuscolo
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stato migliaia di SA dalle regioni circostanti. Ai
discorsi le camicie brune contribuivano ad
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accrescere la spettacolarità con
inni entusiastici e applausi scroscianti.
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I raduni erano di una pomposità quasi
sconcertante, soprattutto se paragonati a quelli degli altri
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partiti. Hitler puntava molto sull’effetto
scenografico per accendere gli animi dei suoi interlocutori.
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Le SA incominciavano ad intrattenere il pubblico circa
un’ora prima del comizio suonando inni
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marziali e marciando per la città fino al luogo prestabilito
per il raduno. Quindi si disponevano su
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due file creando tra di esse un corridoio in cui sarebbe
passato l’oratore accolto con altre canzoni
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marziali che accrescevano l’importanza
del suo arrivo. La strada verso il successo elettorale nel
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Lippe non era comunque tutta in discesa. L’ostacolo più
grave era rappresentato dalle ormai
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esaurite casse del partito, provate
dalle numerose elezioni dell’anno precedente (le due del
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Reichstag, le due presidenziali e le
elezioni parlamentari per lo stato prussiano). Negli anni
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precedenti Hitler aveva potuto sempre contare su una
grande disponibilità di denaro per
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finanziare la propaganda durante le
elezioni. Nel periodo della scalata al potere, che aveva visto
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l’ascesa del partito nazista, le iscrizioni erano in
rapido aumento e molti donavano anche più della
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quota prestabilita, sicuri che
presto si sarebbe giunti al potere. I capovolgimenti degli ultimi mesi
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avevano invece fatto precipitare il
numero delle iscrizioni. In molti smisero di pagare la propria
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quota presi dallo sconforto e dalla delusione per le
ultime sconfitte. Anche i raduni, con il loro
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biglietto di ingresso più volte
ridotto, non garantivano più una stabilità economica al partito. Hitler
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dovette finanziare
la campagna del Lippe anche attraverso le proprie entrate personali
sui diritti
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del suo Mein Kampf.
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Gli avversari politici di Hitler
cercarono in tutti i modi di ostacolare i nazionalsocialisti screditandoli
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agli occhi della gente. In
particolar modo puntavano il dito su una presunta “scissione” del partito
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ad opera di Gregor Strasser che secondo fonti bene
informate stava tramando alle spalle del
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Fuhrer per entrare nel gabinetto
Schleicher con il ruolo di vice cancelliere. Molti esponenti nazisti
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delusi dalla inconcludente strategia di Hitler
simpatizzavano infatti per il suo ex luogotenente,
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considerato un politico più
concreto e dinamico. I timori sembrarono concretizzarsi quando
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divenne pubblica la notizia dell’incontro
tra Hindenburg e Strasser. Il 12 Goebbels scrisse nel suo
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diario: “Strasser sta complottando. È stato dal
presidente. … Questo è quello che io
chiamo un
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traditore. L’ho sempre pensato e
Hitler ne è molto scosso”. La situazione in effetti si stava facendo
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complicata e la tensione all’interno del partito si
poteva tagliare con un coltello. Ad aggravare le
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cose lo stesso giorno apparve su un
quotidiano regionale una lettera di un nazista dissidente che
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accusava il partito e i suoi più
alti esponenti. Arrivare al potere passando per le urne era una
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strategia completamente sbagliata, scrisse con toni
aspri e decisi. Ma soprattutto i funzionari del
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partito non erano in grado di
adempiere ai loro compiti perché erano scelti non in base alle loro
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effettive qualità ma solo per la loro sottomissione ai
massimi dirigenti. In pratica non erano altro
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che dei semplici esecutori di
ordini. Goebbels si affrettò a sminuire la portata della denuncia
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affermando che si trattava di un caso isolato ma la
compattezza nazista sembrava essersi
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sgretolata definitivamente.
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I risultati premiarono comunque gli sforzi di Hitler,
almeno in apparenza. Con il 39,5% dei voti era
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riuscito ad imporsi sugli altri
partiti ed a conquistare la maggior parte dei 21 seggi dell’assemblea
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legislativa. Ma se non ci si ferma ad analizzare solo la
superficie del risultato si può vedere come
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esso non sia stato poi così
eccezionale. I nazisti non riuscirono a sconfiggere le forze di sinistra.
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Anzi, i socialdemocratici
guadagnarono rispetto alle elezioni di novembre quasi del 3%. I voti in più
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che i nazisti ottennero furono sottratti al Partito
nazionale tedesco che perse quasi il 4%. In
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definitiva il rapporto tra destra e
sinistra rimaneva invariato ed in sostanziale equilibrio. L’aumento
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di consensi rispetto alle ultime elezioni per il
Reichstag fu dovuto quasi esclusivamente alle
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incredibili risorse che Hitler
profuse nella campagna elettorale. Un giornale cattolico scrisse:
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“Perché un simile incremento di voti? Perché nessun
partito in Germania possiede o può
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impiegare a) così tanti soldi, b)
così tanti oratori, c) così tante tende, auto e altoparlanti da
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eguagliare l’azione nazista nel
Lippe in modo tale da sottoporre ogni circoscrizione elettorale alla
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stessa enorme pressione usata per assicurare un simile
successo”. Ma i nazisti urlavano comunque
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alla vittoria come un segnale di ripresa del partito. Il
risultato era un evidente indice di gradimento
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del popolo che si era riaffiancato al partito nazista
nella lotta contro il sistema repubblicano e il
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marxismo.
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Hitler approfittò immediatamente
della situazione per chiudere una volta per tutte il caso Strasser
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e ridare così solidità al suo
partito. Tenne un discorse di tre ore ai Gauleiter difendendo con toni
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aspri e decisi la sua strategia politica che aveva portato
al successo nel Lippe. Poi attaccò
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direttamente Strasser accusandolo
di tradimento e rendendolo responsabile degli scarsi risultati
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ottenuti alla fine del 1932. Chi si fosse schierato con
il traditore sarebbe stato disonorato per
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sempre. Tutti furono conquistati e
giurarono nuovamente fedeltà ad Hitler. Goebbels era
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entusiasta: “Il caso è chiuso …
tutti hanno abbandonato Strasser”. In effetti il docile farmacista uscì
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definitivamente di scena.
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Non si hanno prove che egli stesse realmente complottando
contro il Fuhrer ed è difficile credere
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ad una simile ipotesi. A Strasser
mancava infatti quello charme e quel carisma necessari per poter
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opporsi ad Hitler e vedeva ancora
nel leader nazista l’unica figura nell’ambiente politico tedesco in
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grado di far risorgere la Germania.
Decise quindi d’accordo con Goring di ritirarsi per due anni
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dalla vita politica ed accettò un
modesto lavoro in una casa farmaceutica. Ciò non impedì che
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durante la famosa purga del giugno 1934, nota come “notte
dei lunghi coltelli”, egli venisse
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assassinato da un commando di SS.
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La situazione per il partito
nazista a metà gennaio prospettava un futuro difficile che sarebbe stato
|
caratterizzato da altri insuccessi.
Si facevano sempre più insistenti le voci riguardo ad irregolarità
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finanziarie, dovute alle ristrettezze economiche. Molti
giornali furono costretti a chiudere e pagare
|
i giornalisti che lavoravano per
quelli ancora esistenti diventava un problema. Le SA si
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dimostrarono sempre più insoddisfatte della politica di
Hitler e premevano per una linea più
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rivoluzionaria per rovesciare l’attuale
repubblica. La tensione sfociò in una violenta ribellione,
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guidata dal comandante delle SA
della Franconia centrale, Wilhelm Stegmann. Quasi tutte le
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camicie brune sotto il suo comando, circa 6000, lo
seguirono nella speranza di cambiare le cose.
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Ma Hitler reagì espellendo i
dissidenti dal partito e denunciandoli come traditori agli occhi della
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gente. Le parole del Fuhrer non furono sufficienti e le
diserzioni si estesero a macchia d’olio anche
|
alle regioni circostanti. L’organizzazione
paramilitare nazista si stava lentamente sgretolando e se
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Hitler non fosse riuscito ad ottenere la cancelleria il
30 gennaio, eliminando così dissidi e contrasti,
|
sarebbe crollata definitivamente
entro pochi mesi.
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Intanto il leader nazista proseguiva per la sua strada,
sorretto come sempre da una fede cieca nei
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suoi ideali. Il 18 gennaio si
avvalse dell’aiuto di un produttore di champagne, Joachim von
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Ribbentrop, per incontrare nuovamente Papen. Hitler
attaccò immediatamente pretendendo per
|
sé la cancelleria, forte della
vittoria ottenuta nel Lippe tre giorni prima. Le sue parole caddero però
|
nel vuoto poiché il suo
interlocutore continuava a premere per un gabinetto Papen appoggiato dai
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nazisti. Il colloquio terminò con un nulla di fatto e i
due si lasciarono nuovamente senza un preciso
|
appuntamento per proseguire le
trattative.
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Hitler era ben conscio che il
destino suo e del suo partito non dipendevano ormai interamente
|
dalle sue capacità. Un ruolo determinante lo avrebbe
avuto Papen, lo strumento necessario per
|
ingraziarsi Hindenburg, e
Schleicher. Molto, adesso, sarebbe dipeso dalle loro decisioni, dettate
|
spesso dal carattere e dalle
ambizioni private. Era una situazione delicata e difficile e nello stesso
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tempo unica ed imperdibile. Se ben sfruttata avrebbe permesso
di raggiungere il potere
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eliminando così tutti i dissidi interni del partito.
Hitler sapeva bene che si sarebbe giocato tutto in
|
pochi giorni ma piuttosto che assistere alla lenta
disgregazione del suo movimento decise di
|
rischiare, nonostante il successo
dipendesse più dalle decisioni dei suoi nemici e alleati che dalle
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sue. D’altronde ai suoi occhi le possibilità erano solo
due: o il pieno successo della sua missione o il
|
fallimento più completo. Non
esisteva una via di mezzo, un compresso accettabile. O tutto, o
|
niente.
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Gli occhi di entrambi i
complottatori erano ora puntati su un solo uomo: Schleicher. Buona parte
|
delle possibilità di successo dipendevano dalle sue
reazioni. Se avesse subodorato qualcosa
|
sicuramente avrebbe cercato di
correre in qualche modo ai ripari. Ma il cancelliere guardava con
|
indifferenza agli avvenimenti della
prima metà di gennaio. Cercava di mantenere un
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atteggiamento moderato nei riguardi del Reichstag
assicurando la nazione che il suo era solo un
|
cancellierato di transizione e che
si sarebbe impegnato a combattere la disoccupazione creando
|
nuovi posti di lavoro. Ruppe sistematicamente con la
linea politica del suo predecessore Papen
|
cercando di favorire la ripresa
economica in modo più diretto attraverso finanziamenti governativi
|
e non con delle semplici
agevolazioni alle imprese. Cercò anche di ingraziarsi le masse abolendo un
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provvedimento che diminuiva i
benefici per i disoccupati ed un altro che dava il potere ai datori di
|
lavoro di ridurre in alcuni casi i
salari sotto il minimo fissato. In privato Schleicher non nascondeva,
|
però, le sue preoccupazioni. Il Reichstag, con il suo
spauracchio del voto di sfiducia, rimaneva
|
ancora un problema. In più
Hindenburg non sembrava intenzionato a concedergli lo speciale
|
decreto di scioglimento che gli avrebbe permesso di
coprirsi le spalle.
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Bisognava trovare un modo per darsi
lustro in campo politico e, soprattutto, di fronte agli occhi
|
della gente. Una azione che gli avrebbe permesso di
riscuotere il favore delle masse e quindi di
|
guadagnare prestigio e magari anche
l’appoggio del presidente. Il suo piano era semplice: sfruttare
|
il diritto sulla parità di armamenti appena ottenuto per
mettere fine alla impotenza militare della
|
Germania. Sperava in sostanza di
elevarsi al salvatore dell’orgoglio tedesco in campo
|
internazionale dopo le miserie
subite dalla sconfitta della prima guerra mondiale. L’esercito si
|
sarebbe dovuto ricostituire passo dopo passo fino alla
ripresa della leva universale. Il progetto era
|
ambizioso ma la sua realizzazione
poneva il cancelliere di fronte a molti problemi da risolvere,
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primo fra tutti le notevoli risorse economiche
necessarie per attuare un programma di riarmo in
|
un arco di tempo limitato (circa
due anni). Inoltre sulla sua testa pendeva sempre, come una spada
|
di Damocle, la minaccia di un voto si sfiducia,
soprattutto perché Hindenburg, simpatizzando
![]() |
ancora per Papen, non sembrava
intenzionato a concedergli il risolutorio decreto di scioglimento.
|
A Schleicher restava poco tempo per porre fine al suo
isolamento politico poiché il Reichstag si
|
sarebbe riunito già il 31 gennaio.
Se la situazione fosse rimasta invariata un voto di sfiducia
|
sarebbe stato pressoché inevitabile. Al suo gabinetto si
sarebbero opposti sicuramente i
|
Socialdemocratici, che accusavano
Schleicher di aver caldeggiato Papen nella destituzione del
|
gabinetto prussiano, e i comunisti,
che puntavano a destituire il cancelliere per approfittare delle
|
seguenti elezioni ed incrementare ancora il loro
vantaggio a discapito dei nazisti. Da soli questi due
|
partiti potevano contare su 221
deputati, quasi il 40% del totale. Senza tener conto che molte altre
|
formazioni politiche di minor importanza si schieravano
apertamente contro il governo e che i loro
|
voti avrebbero sicuramente
contribuito a promuovere un eventuale voto di sfiducia.
|
Schleicher capì subito che aveva
bisogno di Hitler. Solo lui poteva garantire al suo governo una
|
parvenza di stabilità e scongiurare
quindi una prematura caduta. Sperava che i nazisti sarebbero
|
scesi a compromessi con lui pur di evitare lo spettro di
nuove elezioni che avrebbero causato al
|
partito altre perdite alle urne. Era anche convinto di
potersi servire con facilità di Hitler,
distruggendo nello stesso tempo il mito dell’opposizione
ad oltranza al governo che aveva fruttato
|
fino a quel momento molti voti ai
nazisti. Nei suoi obiettivi non rientrava comunque la distruzione
|
del partito nazista: se ciò fosse avvenuto molti dei
suoi esponenti sarebbero migrati verso l’ala
|
comunista, considerata da
Schleicher il pericolo numero uno per la Germania.
|
Il piano ad una prima analisi sembra ben congegnato. In
effetti se il governo si fosse sciolto
|
sicuramente i nazionalsocialisti
avrebbero perso altro terreno, specialmente nei confronti dei loro
|
avversari diretti: i comunisti. Schleicher sapeva che
Hitler era ben conscio della situazione che il
|
suo partito stava affrontando:
difficoltà economiche e dissidi interni non ancora mitigati. Era
|
convinto che Hitler avrebbe preso la
sua proposta come una sorta di ancora della salvezza, per
|
limitare i danni e guadagnare il tempo necessario per
risollevare il partito. Sta proprio qui il
|
fondamentale errore che farà
naufragare i propositi di Schleicher. La sua sicurezza, il suo orgoglio,
|
e il suo sottovalutare l’avversario lo avrebbero tradito
entro pochi giorni. Hitler non era un politico
|
comune e non sarebbe mai sceso a
compromessi, sempre spinto dalla convinzione di essere
|
l’uomo del destino, il salvatore
della Germania. In più alle spalle del cancelliere stava
|
complottando anche Papen.
Schleicher lo sapeva bene ma non dette alcuna importanza alla cosa,
|
disprezzando le capacità politiche
del suo ex protetto. Hitler e Papen invece giocarono bene le loro
|
carte ma buona parte del merito del loro successo deve
essere attribuito a Schleicher stesso.
|
Anche la situazione interna fra i suoi collaboratori non
era favorevole al cancelliere. Alla sua
|
nomina invece di eleggere dei nuovi
ministri a lui fedeli confermò tutti quelli già in carica, per la
|
aggior parte dei tecnici
conservatori che male si adattavano alla sua linea politica. I suoi modi
|
bruschi e la sua arroganza gli alienarono la loro
fiducia e questo non contribuì certamente
|
all’immagine di un governo
finalmente compatto che stava cercando di creare.
|
Intanto, mentre Schleicher restava
convinto delle sue illusioni, Hitler si diede da fare per
|
raggiungere al più presto i suoi
scopi e ancora attraverso von Ribbentrop organizzò un incontro
|
con Papen per il 22 gennaio. Entrambe le parti sapevano
che il colloquio sarebbe stato decisivo,
|
anche perché vi partecipavano il
segretario presidenziale Otto Meissner e il figlio del presidente,
|
Oskar. Entrambi avevano una grande influenza su
Hindenburg e riuscire ad ingraziarseli fu una
|
delle mosse vincenti di Papen.
Mentre Goring si intratteneva con Meissner, Hitler si separò dal
|
gruppo per conferire in privato con Oskar. Il dialogo
tra i due non è ben chiaro perché entrambi
|
non hanno lasciato testimonianze
scritte di questo avvenimento. Sicuramente Hitler sfruttò
|
appieno le sue qualità oratorie
perché durante il viaggio di ritorno il giovane Hindenburg confidò al
|
segretario del padre che l’ascesa di Hitler era ormai
inevitabile. Anche Goring seppe farsi valere
|
conquistando l’appoggio di
Meissner. Quest’ultimo era un uomo molto astuto che badava
|
soprattutto alla sua posizione sociale, più che ai
doveri che la carica ricoperta gli addossava.
|
Appena capì che Schleicher sarebbe
presto finito in disgrazia cercò di assicurarsi l’appoggio dei più
|
probabili candidati alla
cancelleria e soprattutto il sostegno di Hitler.
|
Il Fuhrer poteva ritenersi più che
soddisfatto del lavoro compiuto quella sera. Meissner ed Oskar
|
erano le persone fra i consiglieri più fidati di
Hindenburg e, partecipando alla maggior parte dei
|
colloqui, potevano “ammorbidirlo”
circa una sua eventuale candidatura alla cancelleria. Anche
|
Papen ritenne che la parte maggior parte dei problemi
fossero stati risolti dopo il colloquio del 22
|
e decise di conferire con il
presidente già il giorno seguente. La sua proposta di destituire
|
Schleicher trovò subito l’approvazione
dell’anziano generale, che ormai non nutriva più alcuna
|
stima nei confronti del cancelliere. Ma quando Papen,
appoggiato da Meissner, propose la nomina
|
di Hitler riservandosi solo la poltrona di vice
cancelliere, Hindenburg rifiutò categoricamente.
|
Nel frattempo mentre i cospiratori si trovavano a
colloquio dal presidente Schleicher apprese
|
dell’incontro della sera precedente
a casa di Ribbentrop. Fu un duro colpo scoprire che anche
|
Meissner ed Oskar stavano ora
tramando alle sue spalle. Il loro appoggio avrebbe dato a Papen un
|
forte vantaggio nei suoi confronti presso Hindenburg. I
suoi rapporti con il presidente erano già
|
olto tesi e se anche i suoi due
consiglieri più fidati si fossero schierati contro di lui presto la sua
|
posizione sarebbe stata in pericolo. Non avrebbe infatti
mai ottenuto dal presidente il decreto di
|
scioglimento e sarebbe stato
costretto a subire un voto di sfiducia dai risultati terrificanti. Per
|
scongiurare una simile eventualità
fissò un appuntamento con Hindenburg nel pomeriggio dello
|
stesso giorno, poche ore dopo il colloquio del suo
rivale. Schleicher voleva scoprire se poteva
|
ancora contare sulla fiducia che
gli era stata promessa al momento della sua elezione a cancelliere.
|
Alla sua nomina infatti il presidente gli aveva
accordato il suo appoggio completo, esattamente
|
come era avvenuto per il suo
predecessore. Kurt espose rapidamente a Hindenburg il motivo della
|
sua visita: quando il Reichstag si
sarebbe riunito il 31 gennaio nulla avrebbe potuto evitare un voto
|
di sfiducia. Chiese quindi il
decreto necessario per sciogliere la camera e il rinvio delle elezioni, da
|
tenere entro due mesi, oltre il
termine prestabilito dalla costituzione. Per appoggiare le sue
|
richieste tentò di focalizzare l’attenzione del suo
interlocutore sulla leggera ripresa economica in
|
corso determinata dalle sue manovre
economiche. Hindenburg lasciò cadere le richieste del
|
cancelliere nel vuoto lasciando intendergli che prima
voleva pensarci con calma e che poi ne
|
avrebbero riparlato.
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Schleicher si trovava ora con le spalle al muro, senza
alcuna possibilità concreta di reagire. A dir il
|
vero una possibilità esisteva e gli
era stata fornita dal “suo” ministero della difesa. Nella
|
costituzione repubblica si trovava un errore poco
evidente ma scoperto verso la fine del 1932 da
|
alcuni esperti: al momento della
sua stesura nessuno aveva pensato alla possibilità di una
|
aggioranza negativa. In pratica i
partiti che univano le loro forze per promuovere un voto di
|
sfiducia non costituivano in seguito una maggioranza che
potesse sostenere il governo dopo la sua
|
caduta. Appoggiandosi a questa lacuna, il gabinetto
del Wurttemberg aveva rifiutato una mozione
|
di sfiducia alla fine del 1932 ed era riuscito a restare
in carica. Per suoi consiglieri militari questo
|
era l’unico modo che il cancelliere
avesse per rimanere in carica. In più offriva anche due
|
fondamentali vantaggi: 1)non andava contro la
costituzione (almeno apparentemente) e quindi
|
non avrebbe attirato le ire dei
repubblicani 2)non necessitava di un evidente appoggio da parte del
|
presidente ma solo di un suo tacito
consenso. Contro ogni aspettativa Schleicher non si aggrappò a
|
questa ultima chance con ostinazione. Anzi, la rifiutò
categoricamente senza però additare alcuna
|
motivazione.
|
Qualunque cosa pensasse, ora
Schleicher si trovava in una situazione precaria. Era completamente
|
isolato politicamente e non era
riuscito a farsi degli alleati ne fra i partiti di destra ne tra quelli di
|
sinistra. L’ambasciatore francese Francois-Poncet
scrisse a Parigi in quei giorni: “Preso nel vortice
|
delle correnti che attraversano la
Germania il generale non sa scegliere; l’impressione che dà è che
|
prima di impegnarsi voglia osservare quale corrente
vincerà”. E ancora: “ … al momento la
|
Germania necessita di uomini che
creino una corrente e non che ne seguano una”. Schleicher
|
probabilmente si stava già rassegnando all’idea di dover
abbandonare la sua carica dopo il
|
ancato appoggio da parte di
Hindenburg. È difficile spiegare i motivi di una simile rassegnazione
|
per un uomo abituato all’intrigo ed
al doppio gioco come lui. Sicuramente il tradimento da parte
|
del presidente, che gli aveva promesso tutto il suo
appoggio il giorno della nomina, doveva averlo
|
molto scosso. Entrambi erano ufficiali prussiani che
consideravano l’onore e la parola data dei
|
fondamenti sacri su cui si basava il codice cavalleresco
prussiano. Ormai si aspettava di perdere il
|
potere a giorni e, per salvare la
Germania da un terzo gabinetto Papen, era disposto a cedere la
|
cancelleria ad Hitler.
|
La notizia della rottura tra Hindenburg
e Schleicher incominciò ad apparire su molti giornali.
|
Temendo che ciò portasse nuovamente alla nomina di
Papen, il capo del comando dell’esercito
|
Kurt von Hammerstein si incontrò con
il presidente il giorno 27 per metterlo in guardia che un
|
simile provvedimento avrebbe potuto portare alla guerra
civile. Le sue parole non trovarono però
|
alcuna risposta.
|
Il giorno seguente, il 28 gennaio, conscio che ormai non
aveva nessuna altra alternativa, Schleicher
|
decise di affrontare nuovamente
Hindenburg. Sicuro che si sarebbe opposto alla richiesta di un
|
decreto di scioglimento, avrebbe presentato le sue
dimissioni. Al colloquio il cancelliere espose i
|
suoi pensieri sulla situazione
attuale della politica tedesca. Caldeggiò la permanenza al potere del
|
suo gabinetto e si oppose
strenuamente ad un reinsediamento di Papen, malvisto dal popolo. Ma
|
ormai il vecchio presidente non lo
ascoltava nemmeno. Lasciatolo “sfogare” gli negò
il decreto e,
|
ringraziandolo per i servigi resi
alla patria, gli presentò una lettera di dimissione già compilata.
|
Schleicher, come d’accordo, sarebbe rimasto in carica
fino alla formazione del nuovo governo.
|
Dopo una breve discussione sul testo
i due si salutarono per l’ultima volta.
|
Nel pomeriggio di quello stesso
giorno Hindenburg ricevette anche la visita del suo protetto cui
|
affidò il compito di sondare alcuni
partiti riguardo la formazione di un nuovo governo. In realtà
|
Papen si stava muovendo in quella direzione da almeno una settimana.
Aveva avuto
|
principalmente contatti con
Hugenberg e Franz Seldte, leader dello Stahlelm, un’organizzazione
|
paramilitare con oltre 300.000 membri. L’obiettivo era
quello di creare una coalizione nazionalista
|
con Hitler come cancelliere. Convincere
Seldte non fu difficile. Il suo partito non era di grossa
|
dimensione e l’opportunità che gli
veniva offerta era un’occasione d’oro per occupare un posto di
|
rilievo nel nuovo governo. Hugenberg si dimostrò invece
meno malleabile. Di carattere chiuso ed
|
egocentrico, era un uomo ancorato
saldamente alle sue idee dalle quali non si discostava mai.
|
Trattare con lui era molto difficile a causa della sua
ristrettezza di vedute che non gli forniva mai
|
una visione d’insieme degli
argomenti su cui si stava trattando. Era raro sentirlo ammettere di aver
|
sbagliato. Francois-Poncet lo definì “uno dei peggiori
spiriti della Germania”. Papen doveva
|
editare attentamente il tipo d’approccio
da avere nei suoi confronti se non voleva mandare a
|
onte il suo piano.
|
La sera precedente, il 27 gennaio,
ci fu un incontro tra Hitler, Frick, Goering e Hugenberg. La
|
questione principale del loro incontro era il possesso
dei due ministeri degli interni, quello
|
nazionale e quello prussiano. I
nazisti reclamavano il controllo di entrambi ma Hugenberg si
|
dimostrò titubante a concedere a
Hitler due cariche così importanti. Se da un lato infatti il
|
inistero degli interni nazionale non aveva un grande
valore, dall’altro quello prussiano
|
permetteva il controllo della
polizia nel più grande stato tedesco. Spaventato dalla possibilità che
|
Hitler ottenesse il controllo sui quasi 50.000 uomini
delle forze di polizia Hugenberg pretese che il
|
inistero fosse affidato a un non
nazista. Irato il leader nazista interruppe l’incontro e tornò al
|
Kaiserhof Hotel, dove alloggiava. Fu necessario l’intervento
di Papen il giorno seguente perché le
|
trattative venissero riprese.
|
Mentre le trattative con Hugenberg erano in corso,
Hitler e Papen ricevettero la visita di Fritz
|
Schaffer, segretario dei popolari bavaresi ed “emissario”
dei partiti cattolici di centro. Impauriti
|
che le recenti voci di un possibile
ritorno dell’ex cancelliere al potere diventassero realtà, i leader
|
cattolici proposero di formare una nuova coalizione
insieme con i nazisti ed nazionalisti in modo
|
da formare una efficace maggioranza
al Reichstag. In questo modo il nuovo gabinetto sarebbe
|
stato di tipo parlamentare e non
presidenziale. Una simile ipotesi incontrò però le resistenze di
|
Hitler. Ritirando il loro appoggio, i cattolici
avrebbero potuto far crollare il governo in qualsiasi
|
omento. Il leader nazista aspirava
invece a diventare cancelliere presidenziale, libero dai vincoli
|
del parlamento. La proposta di Schaffer non si
conciliava quindi con i piani di Hitler che rifiutò.
|
Anche Papen si dimostro poco
recettivo nei confronti del collega cattolico. Promise comunque a
|
Schaffer che avrebbe riferito la
sua proposta al presidente.
|
Ora i due ostacoli principali erano
le residue reticenze di Hindenburg e le trattative ancora in corso
|
con Hugenberg. Quest’ultimo fu infine convinto con la
promessa di ricevere, in cambio delle
|
concessioni fatte ad Hitler, alcuni
ministeri fra cui quelli dell’agricoltura e del tesoro. Le resistenze
|
del presidente furono infine vinte
la sera del 28. Tutti i suoi consiglieri più fidati erano ormai a
|
favore di un insediamento del
leader nazista alla cancelleria e i continui rifiuti di Papen ad
|
accettare di nuovo l’incarico non
davano molte altre alternative ad Hindenburg. Papen cercò
|
anche di rassicurarlo sminuendo le richieste dei
nazisti. Affermò che la maggior parte dei ministri
|
era disposta a restare in carica
anche sotto un gabinetto Hitler. Gli unici due dicasteri su cui il
|
presidente desiderava intervenire direttamente erano
quelli degli esteri e della difesa. Fu quindi
|
particolarmente contento che l’attuale
ministro degli esteri, il barone Konstantin von Neaurath,
|
avesse deciso di rimanere al suo
posto anche dopo la caduta del governo. Il ministero della difesa,
|
diretto da Schleicher, aveva invece bisogno di una nuova
guida. Dopo alcune proposte di Papen
|
respinte, Hindenburg decise di
affidare la carica al generale Werner von Blomberg, l’inviato
|
tedesco alla conferenza tedesca sul disarmo che si stava
tenendo in Svizzera. Con questa scelta
|
non si resero conto di fare un
grosso favore ad Hitler. Da alcuni mesi, infatti, von Blomberg si stava
|
avvicinando all’ideologia nazista e
aveva espresso spesso il desiderio di vedere il leader nazista alla
|
guida del governo, deluso dalla lenta rinascita militare
di Schleicher.
|
Ormai i giochi sembravano fatti e Papen strappò a
Hindenburg la promessa che il nuovo
|
cancelliere, Hitler, avrebbe
giurato la mattina seguente, il 30 gennaio. Il presidente dette anche la
|
sua approvazione per la nomina dei nuovi ministri.
Quattro di essi - Finanze, Affari Esteri, Poste e
|
Comunicazioni – sarebbero rimasti
gli stessi del governo attuale. A Hugenberg venivano affidati i
|
dicasteri dell’Agricoltura e del
Tesoro. Von Blomberg ottenne la carica di ministro della Difesa.
|
Seldte avrebbe occupato il ministero del Lavoro. I nazisti
invece, oltre ad Hitler alla cancelleria,
|
occuparono le cariche di ministro
degli Interni con Frick e quello dei Trasporti con Goering, che
|
sarebbe anche diventato primo ministro prussiano. Papen
invece si riservò la carica di vice-
|
cancelliere. Come si può vedere
dalla lista Hindenburg non si accorse di uno stratagemma adottato
|
dal suo interlocutore. Sapendo
infatti che il presidente avversava un gabinetto Hitler di tipo
|
presidenziale, dato che avrebbe concesso al Fuhrer
troppo potere, lasciò vacante il posto di
|
inistro della Giustizia assicurando
che esso era riservato ad un esponente del partito cattolico di
|
centro. Le trattative, lasciò intendere Papen, erano
ormai a buon punto e presto i cattolici
|
avrebbero appoggiato il governo.
Hindenburg fu così rassicurato e il piano dei cospiratori poteva
|
considerarsi praticamente riuscito. In seguito sarebbe
stato semplice fingere qualche intoppo nelle
|
trattative. Il presidente, a questo
punto, non avrebbe potuto far mancare il suo appoggio al
|
cancelliere e gli avrebbe dovuto
fornire gli speciali decreti che già aveva concesso a Schleicher e a
|
Papen.
|
La mattina del giorno seguente von Blomberg arrivò alla
stazione di Berlino dalla Svizzera. Sulla
|
banchina si trovavano due uomini ad
attenderlo: von Hammerstein, che doveva condurlo da
|
Schleicher, e Oskar von Hindenburg, che lo doveva
accompagnare alla cancelleria per prestare
|
giuramento. Questo fu l’ultimo
tentativo compiuto dall’ormai caduto cancelliere per opporsi a
|
Papen. Anch’esso comunque fallì
miseramente poiché von Blomberg decise di seguire il colonnello
|
Oskar, in quanto rappresentante del comandante supremo
delle forze armate. La notizia che
|
Schleicher avesse tentato di
entrare in contatto con il futuro ministro della difesa fece temere un
|
tentativo di colpo di stato militare. Papen si preoccupò
d’affrettare i suoi piani e il primo a prestare
|
giuramento fu proprio von Blomberg,
andando così contro la costituzione che prevedeva la
|
destituzione di un ministro prima
dell’elezione del suo successore (il ministro della difesa rimaneva
|
Schleicher, al momento del giuramento). Subito dopo fu
il turno di Hitler e, di seguito, di tutti gli
|
altri ministri. Alle undici e mezzo
circa era tutto finito ed il gabinetto Hitler era ormai una realtà.
|
Nonostante un simile avvenimento
furono in pochi a rendersi conto della gravità di ciò che era
|
appena successo. A parte i partiti
politici che si schierarono per lo più contro la scelta di
|
Hindenbug, furono i cittadini a
dare poco peso all’insediamento di Hitler alla cancelleria. Un simile
|
avvenimento non era certo una
novità. I pochi che si accorsero della gravità di un simile gesto si
|
appellarono ad Hindenburg perché ricordasse la sua
promessa di non consegnare il potere nelle
|
ani dell’ormai prossimo dittatore.
Ma ormai il presidente aveva deciso e difficilmente sarebbe
|
tornato indietro.
|
La sera i festeggiamenti dei
nazisti per la nomina di Hitler si susseguirono tutta la notte nell’intera
|
Germania. A Berlino Hitler rimase affacciato alla
finestra del suo nuovo studio a salutare la gente
|
piena di gioia per la vittoria
appena ottenuto. Lungo la Wilhelmstrasse migliaia di persone
|
assistettero alla parata di 25.000 SA, organizzata per
celebrare degnamente l’evento. Una simile
|
vittoria non faceva altro che
rinforzare in Hitler la convinzione d’essere l’uomo della provvidenza.
|
Ormai si sentiva invincibile, nulla
lo poteva fermare. Era addirittura convinto che Dio fosse dalla
|
sua parte, che non lo avrebbe mai abbandonato nel ca
|
ino che restava ancora da percorrere.
|
Ora che aveva raggiunto il potere,
promise a sé stesso che non lo avrebbe mai più lasciato. La
|
tendenza a giocare sempre il tutto per tutto si era
ormai radicata profondamente nel suo modo di
|
fare e non lo avrebbe mai più
lasciato. Presto gli avrebbe portato sfolgoranti vittorie, ma alla fine
|
lo avrebbe tradito.
|
Anche Hindenburg quella sera
osservava la felicità dei nazisti in una stanza dell’ala vecchia del
|
Reichstag. Forse stava pensando a quello che sarebbe
accaduto al suo Paese in pochi anni sotto la
|
guida di Hitler. Papen e Hugenberg,
invece, non si preoccuparono minimamente di ciò che
|
avevano causato. Anzi, erano convinti di giostrare con
il nuovo cancelliere per i loro scopi. “Nel
|
giro di due mesi lo costringeremo
in un angolo così fortemente che le sue ossa scricchioleranno”
|
affermò un raggiante Papen,
assistendo al compimento del suo piano.
|
Il giorno seguente Hindenburg
ricevette un telegramma, quasi una visione del futuro della
|
Germania, da parte del generale Erich Ludendorff, suo
capo di stato maggiore durante la prima
|
guerra mondiale: “Nominando Hitler
cancelliere del Reich tu hai posto la nostra sacra madre patria
|
nelle mani di uno dei più astuti demagoghi di tutti i
tempi. Io prevedo che quest’uomo diabolico
|
sprofonderà il nostro Reich nell’abisso
e procurerà al nostro popolo immani sofferenze. Le generazioni future malediranno il
tuo nome”.
|
CONCLUSIONE
|
Oggi, quasi 70 anni dopo l’ascesa
del nazismo in Germania, molti sono convinti che nulla avrebbe
|
potuto fermare Hitler nel suo cammino verso il potere
assoluto. Generalmente si crede che il
|
dittatore, operando in una
repubblica, fosse stato eletto democraticamente e che godesse, al
|
omento della sua elezione, dell’appoggio
di quasi tutti i suoi concittadini. Altri, invece, pensano
|
che il Fuhrer avesse raggiunto il controllo completo
sulla sua nazione grazie ad un colpo di stato
|
ilitare.
|
Queste convinzioni sono
completamente errate. Non ci fu alcun putsch militare, nessuna elezione
|
dai risultati strabilianti. Hitler
sembrava invece destinato a tornare nell’ombra dopo un'ascesa
|
fulminea che aveva trasformato il minuscolo partito
nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi nella
|
più importante realtà politica
tedesca dei primi anni trenta. Il destino della Germania si giocò
|
invece in un arco di tempo molto ristretto: i 31 giorni
del gennaio 1933.
|
Come spesso avviene furono poche
persone a decidere le sorti di un intero popolo. Tra queste,
|
nonostante le apparenze, non c’è
Hitler. Il suo ruolo nelle vicende che lo portarono al potere fu
|
solo marginale. Per lo più dovette
limitarsi a guardare i suoi alleati ed avversari politici che, con le
|
loro decisioni, avrebbero influenzato il futuro del
partito. Questo non vuol dire che una parte del
|
erito non spetti comunque al
Fuhrer. Se non si possiedono determinati requisiti è impossibile
|
arrivare ai vertici della politica in così poco tempo. L’abilità
oratoria, il suo grande carisma che ne
|
faceva un leader incontrastato, la
cieca fiducia nella sua missione furono determinanti ai fini del
|
successo. Più volte aveva rischiato
di perdere tutto per poter andare avanti. Fu proprio questa
|
caratteristica che faceva di Hitler un politico fuori
del comune. I leader degli altri partiti non
|
rischiarono mai quanto lui per
raggiungere i loro obiettivi. Giocarsi in pochi giorni il lavoro di anni
|
richiede una grande fiducia nelle proprie capacità, una
fede incrollabile, quasi un cieco fanatismo.
|
Solo lui possedeva tutto ciò. L’azzardo
fu la sua arma vincente nei primi anni e la sua condanna
|
all’oblio negli ultimi. Se c’era da
fare una scelta, Hitler cercava sempre la soluzione più difficile, ma
|
che, se tutto fosse andato secondo i piani, gli avrebbe
permesso una vittoria schiacciante e
|
definitiva. Tutta la sua vita
politica fu caratterizzata da simili scelte. La rioccupazione militare della
|
Renania del 7 marzo 1936, che avrebbe potuto scatenare
violente reazioni da parte dei francesi, fu
|
un successo. Così come l’attacco
alla Francia attraverso le Ardenne ideato da Manstein o le fasi
|
iniziali dell’Operazione Barbarossa. Tutte decisioni
prese da Hitler dettate più dal suo “istinto” che
|
dalla logica. Ma la cieca fiducia
in sé stesso determinò anche alcune delle sconfitte che segnarono
|
il suo destino, come l’assedio di
Stalingrado o la fallimentare offensiva a Kursk nel 1943.
|
A decidere il futuro della Germania
furono invece tre sole persone: Hindenburg, Papen e
|
Schleicher. È inutile, oggi, a quasi settanta anni di
distanza, cercare un colpevole per quegli
|
avvenimenti. Giudicare adesso il
loro operato, alla luce di ciò che divenne Hitler dopo la sua ascesa
|
al potere, è troppo facile. Allora
le cose erano meno evidenti di come appaiono ora. I tre politici
|
tedeschi vanno invece accusati di aver cercato più il
loro interesse che il bene della patria. Spesso
|
si lasciarono guidare dai loro
sentimenti e dal desiderio di vendetta nel prendere decisioni molto
|
importanti. Papen ideò tutto il suo piano solo per
vendicarsi di Schleicher. Hindenburg, che aveva
|
in fin dei conti l’ultima parola in
quanto presidente, si lasciò guidare solo dall’antipatia che provava
|
per Schleicher. Quest’ultimo probabilmente fu l’unico
che non perseguiva alcun interesse
|
personale. Sembra quasi che fosse
stato travolto dagli eventi di gennaio, senza che potesse far
|
olto per cambiare la situazione.
Tutti e tre compirono comunque un gravissimo errore:
|
sottovalutare Hitler. Quando si decide di colpire un
nemico, si deve studiarlo a fondo per capirne i
|
punti di forza e le debolezze. Papen e Schleicher
pensavano invece di poter giostrare con il leader
|
nazista a loro piacimento. Lo consideravano un mezzo per
attuare i loro fini. Hindenburg lo
|
chiamava con disprezzo “il mio
caporale”. Hitler, che a differenza dei suoi avversari non aveva
|
neanche finito gli studi, approfittò magistralmente
della situazione. Intuì cosa pensavano di lui i
|
due politici tedeschi e ne
approfittò. Lasciò credere a Papen di poterlo controllare ma quando alla
|
fine raggiunse il potere si
sbarazzò di lui senza alcun problema.
|
La nascita del Terzo Reich era
quindi evitabile perché non dipendeva completamente da Hitler. Fu
|
dettata da una serie di coincidenze che unite crearono
la fortuna del leader nazista. Schleicher
|
poteva tranquillamente continuare a
detenere il potere, ma i suoi limiti in campo politico e i modi
|
bruschi nei confronti del
presidente spianarono la strada alla cospirazione che lo avrebbe
|
destituito. Hindenburg si lasciò influenzare facilmente
nelle sue scelte e fu quasi una marionetta
|
nelle mani del suo protetto Franz.
Papen avrebbe potuto mantenere la cancelleria, se lo avesse
|
voluto, grazie all’amicizia che lo legava al
presidenteOltre a questi fattori la sorte sembrò schierarsi
|
dalla parte di Hitler. Le elezioni
nel Lippe giunsero proprio quando si rendeva necessario
|
risollevare il morale fra le file
del partito. Gregor Strasser gli rimase fedele nonostante l’espulsione
|
dal partito e suo fratello Otto non
rappresentò mai una minaccia. L’incontro a Colonia con Papen
|
gli diede una possibilità concreta
di giungere al potere proprio quando il suo partito stava
|
perdendo forza.
|
Anche inglesi e francesi contribuirono, seppur molto
indirettamente, all’iniziale ascesa di Hitler. Il
|
trattato di Versailles era una
ferita aperta nel cuore di ogni cittadino della Germania. Scaricava,
|
infatti, la colpa per lo scoppio
della guerra sul solo popolo tedesco. Aveva anche piegato
|
economicamente la nazione portando una disoccupazione
impressionante e una inflazione mai più
|
eguagliata in tutta l’Europa. I
debiti di guerra costringevano i tedeschi a consegnare parte della
|
loro produzione industriale ed agricola ai paesi
vincitori. Tutti questi fattori contribuirono a creare
|
un malcontento generale verso il
governo, incapace di far fronte ai problemi derivanti dalla crisi
|
economica. La campagna politica di Hitler,
che prometteva sostanziali miglioramenti, e la sua
|
ideologia, che trovava negli ebrei e nel marxismo un
capro espiatorio alle difficoltà in cui verteva la
|
Germania, ebbe quindi molto
successo. Tantissime persone provate dalle privazioni causate dal
|
trattato votarono per i nazisti, agli inizi del 1930,
contribuendo così alla loro ascesa. Il documento
|
era così duro che gli Stati Uniti
si rifiutarono di ratificarlo. Un membro della commissione
|
americana commentò: “Questo non è un trattato di pace, vedo almeno una
dozzina di guerre in
|
esso”.
|
Decine d’anni di studi hanno confermato che l’ascesa di
Hitler non era inevitabile. Essa deve farci
|
riflettere ancora oggi sull’importanza
di affidare il potere alla persona giusta. La storia ora
|
potrebbe essere decisamente diversa se un pugno
ristretto di uomini avesse lasciato da parte i
|
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